impressioni cubane, seconda parte
(
qui la prima parte,
qui l'interludio )
english version follows
(segue)….ed
entrai in un flashback. Sono a L'Habana, Cuba, marzo duemiladododici.
Da
quando c'è Raul Castro come capo del governo rivoluzionario sono
state timidamente introdotte alcune novità tecnologiche sull'isola,
come i cellulari. Ovviamente parliamo di Cuba e quindi quando vi
immaginate i cellulari cubani immaginatevi le automobili, stesso
concetto.
Non
esiste un modello predominante, né tantomeno si tratta di cellulari
all'ultimo grido. Il touch screen nemmeno sanno cos'è, credo. Decine
di modelli diversi, arrivati in vari modi, modelli di solamente pochi
anni fa che agli occhi di un decadente occidentale come me sembrano
risalire al mesozoico.
Sono
nella casa
particular
di Reynaldo e Hanoi (detto Gino) che ospita me e i miei due amici.
Siamo
appena arrivati e chiedo a Gino di mostrarmi la presa di corrente più
vicina per caricare il mio ipod. Quello me la indica, rimanendo molto
impressionato dal mio apparecchio, del quale mi chiede ogni cosa, e
io cerco di spiegargliela. Provateci voi a spiegare il concetto di
wireless ad uno che vive in un posto dove si può connettere ad
internet , se ha culo, col modem, una volta al mese, e può solo
usare l'email. Che condivide con suo cugino. E che non è nemmeno
internet, ma intranet, una rete interna all'isola.
In
mancanza del considerevole aiuto economico dell'ormai ex alleato
socialista, e con gli aiuti del futuro alleato venezuelano ancora di
là da venire, Castro dovette ridimensionare e ripensare l'intero
piano economico cubano, passare da una pianificazione centrale
socialista, ad un modello di mercato decentralizzato, sempre
socialista . Chiunque sia a disposizione di determinate
caratteristiche logistiche poteva iniziare a fare domanda per fare
della propria abitazione una casa
particular,
debitamente contrassegnata con un simbolo riconosciuto da tutti. In
questo modo i privati cittadini hanno potuto contare sugli introiti
dei turisti, e lo stato ne ha beneficiato in tasse. Nei periodi in
cui gli affari vanno male, in bassa stagione, le tasse vanno pagate
comunque, a quota fissa. Se non puoi devi chiudere, fin quando potrai
pagarle di nuovo.
Benchè
esista un'economia sotterranea a Cuba (a partire dalla
prostituzione), ogni tipo di iniziativa economica individuale, anche
la più piccola, è passabile di regolamentazione. In pratica è
questo il piano economico decentralizzato socialista. Ti capita così
di imbatterti in un cantante di strada che ti canta motivi
tradizionali e pezzi propri mentre stai mangiando, e ti mostra
orgoglioso la patente di cantante riconosciuta dallo stato, al quale
paga i contributi e dal quale riceverà una pensione , proclama
orgoglioso. Quasi a voler sottolineare che non è un mendicante o un
perdigiorno, ma il suo mestiere di cantante è riconosciuto, e lo
esercita con estrema dignità e bravura. Oltre a impeccabili
interpretazioni dei grandi classici cubani mi colpisce un suo
personale pezzo dedicato John Lennon, chiaramente in salsa caraibica
(John Lennon qui è molto amato).
Baracoa
è stata di sicuro la tappa più bella del viaggio per me. Quiete,
belle spiaggie, ottimo cibo, gamberi giganti cucinati in latte di
cocco, una delizia! A Cuba il cibo è piuttosto monotono, il posto in
cui abbiamo mangiato meglio è proprio in questa colorata città
all'estremo Est dell'isola.
A
Baracoa incontriamo Ruben e Alamar, due simpatici artigiani che
vendono i loro artefatti lungo le spiagge della deliziosa Baracoa,
anche loro provvisti di regolare licenza. Facciamo amicizia.
Vendono
prodotti artigianali in legno, molto belli.
Non
è alta stagione e sappiamo già che i due simpatici venditori si
concentreranno solo su di noi per vendere i loro oggettini, saremmo
assediati tutti i giorni finché non compriamo qualcosa. Facciamo un
patto.
Compreremo
tutti e tre da loro a fine soggiorno, a patto che non ce lo chiedano
tutti i santi giorni. Affare fatto.
Li
vediamo ogni giorno in spiaggia, non ci stressano, mantengono la
parola. Anzi ci coccolano, e diventiamo amici. Ruben ogni giorno sale
sulle palme e col machete stacca enormi noci di cocco che ci offre
freschissime. Ci parla della sua famiglia, di un figlio a cui servono
medicine che a Cuba non si trovano, di due ragazze bolognesi che
hanno conosciuto l'anno scorso le quali gli hanno mandato un
medicinale dall'Italia. Ci mostra la lettera e ha le lacrime agli
occhi. Ci prega di salutarle una volta in Italia, ci dà i numeri. Al
di là della parte umana, che sembra sincera,di questa estemporanea
amicizia, le estreme gentilezze di Ruben e Alamar sono puro
marketing.
Per
anni il cubano medio ha avuto moltissime limitazioni materiali. Ciò
ha sviluppato in esso, per selezione naturale, uno spirito d'
adattamento forse unico al mondo, una furbizia sottile, micidiale, e
un senso degli affari spietato.
A
Cuba chiunque cerca di venderti qualsiasi cosa. E' un marketing
umano, basato sul contatto fisico con l'acquirente, basato
sull'empatia, spesso truffaldina, ma comunque vera. Il sentirsi un
mero portafoglio che cammina è una sensazione che credo qualsiasi
turista occidentale ha provato a Cuba. Il marketing pressante dei
cubani verso i turisti in alcune circostanze è stato davvero
parossistico, ai limiti del grottesco. A Santiago sopratutto. Mi
ricordo questa scena incredibile, orde di tassisti ci assediavano la
stazione del bus di Santiago, premendo contro i vetri come nei film
di zombie! Giuro che non sto esagerando!
Ma
pure qui, quando fai i paragoni col mondo occidentale, Cuba è capace
di svelare certi meccanismi con disarmante semplicità.
Anche
qui ti viene di fare paragoni tra Cuba e il resto del mondo. Ti
chiedi ancora “cos'è meglio?”.
Subito
realizzi che Cuba semplicemente svela quello che nel resto del mondo
è più nascosto e subdolo.
Il
marketing ossessivo che ci martella dalla tv a internet, dai centri
commerciali alle radio, non è un sistema che vede il consumatore
occidentale come un portafoglio che cammina? Almeno qui hanno ancora
il fattore umano, da noi quasi estinto e magari ti finisce a bere un
rum insieme al tizio che ti ha venduto qualcosa, steso sulla spiaggia
,chiacchierando di donne.
Come
facciamo con Ruben e Alamar, nel tramonto di Baracoa.
Un
po' dappertutto simpatici figli di buona donna attaccavano discorso
in perfetto italiano per strada, proponendoci qualche ragazza o
altro. All'Habana il distinto signor Augusto (copia del
Granma
sottobraccio) attacca discorso per strada mentre facciamo la fila
alla Cadeca
(la “casa di cambio” dove cambiare valuta), anche lui parlado un
'ottimo italiano. Mi dà una mano nel momento in cui ho bisogno di
andare da un medico per un arrossamento all'occhio. Mi porta dal suo
medico, mi fa saltare la fila, ordina le medicine per sè (pagandole
pochissimo in pesos cubani) e le dà a me. Ci porta a casa di un
amico in delle viuzze, temiamo qualcosa di brutto. Ma vuole solo
venderci dei sigari, lavora in una fabbrica di sigari, e alla fine
compriamo due scatole in tre, da fumare durante il viaggio. Ci invita
a cena, e accettiamo l'invito al ritorno all'Avana, a fine viaggio.
Casa di Augusto è un enorme stanzone senza pareti, dai tetti
altissimi, sicuramente uno spazio nato per altre esigenze e
trasformata in casa. Ce la mostra con orgoglio nonostante sia messa
piuttosto male, e ci spiega i cambiamenti che ha in mente di fare,
riassumibili in una parola: pareti. Vuole giustamente dividere questo
stanzone con delle pareti e fare delle stanze, poter così fare
domanda per fare la sua casa
particular.
Camminare
per le strade dell'Havana ti dà l'impressione di trovarti in uno
speciale angolo spazio temporale. Ormai Cuba non è più come qualche
anno fa, perfettamente ibernata agli anni Cinquanta. Non ti sembra
certo di essere nel 2012, ma nemmeno più in piena Guerra Fredda.
Il
centro de L'Havana conserva gioielli architettonici di spettacolare
bellezza, sopratutto in stile liberty, ma anche in stile coloniale.
Architetture sopravvissute ai decenni come da nessuna altra parte al
mondo, ma fatiscenti e pericolanti senza un'adeguata manutenzione. Di
recente pare che l'Unesco si sia incaricato di ristrutturarne
qualcuno, e anche qualche compagnia canadese, ma sembra un processo
abbastanza in alto mare. Tornati a Cuba torniamo da Reinaldo e Hanoi
detto Gino. Proprio Gino ci parla di un edificio crollato proprio
vicino dove dormiamo noi, con consequente morte di diverse persone.
E' in possesso di un video amatoriale che tiene in una chiavetta usb,
e insiste per farcelo vedere. E' il classico tipo di video che odio
vedere, quelli che mostrano morbosamente teste spaccate e corpi
dilaniati nelle macerie. Mi rendo conto che quel senso di voyerismo
malato che vedo spesso su facebook e che pensavo fosse una
degenerazione dovuta al web, è in realtà piuttosto connaturato
all'essere umano. Di questi “incidenti” i media dell'isola non ne
parlano ovviamente: Benchè non direttamente imputabili al governo,
di certo sono conseguenza di uno stato d'abbandono e di degrado di
cui il governo è certamente responsabile.
Ci
parla anche dei comitati rivoluzionari di quartiere, che si
riuniscono con cadenze regolari, parlano dei problemi concreti della
zona, ma fungono anche da mini tribunali rivoluzionari, in cui si
cerca di individuare comportamenti “antirivoluzionari”,
denunciarli o almeno stigmatizzarli. Gino ci confessa di essere
nipote di una scrittrice cubana dissidente che vive a Parigi e che
ogni tanto gli manda dei regali. Per questo motivo, dice, è mal
visto dai comitati di quartiere.
La
sfida che attende Cuba nei prossimi anni è quella di scegliere tra
la voglia di fare parte del mondo esterno e l'orgoglio di rimanere
ancorati alla loro storia. Come tutto ciò che è proibito lo
sfavillante mondo del capitalismo ha un certo fascino verso molti
cubani, spesso davvero malcelato.
Siamo
forse vicinissimi al punto di rottura di Cuba. Sono in molti a fare
pessime previsioni sul “dopo Castro” . Molti pensano che una
volta finito il castrismo succederà come nell'ex Urss, scoppio della
criminalità, invasione delle multinazionali straniere. Io non credo
che succederà questo, se non in minima parte. Questi quarant'anni di
rivoluzione a qualcosa sono serviti. L'”uomo nuovo” in qualche
modo esiste. Ed è provvidenziale che il nuovo corso di Cuba avverrà
tra pochi anni, giusto negli anni in cui il sistema occidentale sta
mostrando i suoi limiti, proprio mentre il nostro giocattolone
colorato sta implodendo.
La
società occidentale è in declino. Il sistema neoliberista ha
mostrato la sua ferocia e la sua inadeguatezza alle sfide economiche
mondiali, fondamentalmente perchè è insostenibile. Ancora si
sentono politici parlare di crescita come antidoto ad una catastrofe
generata proprio dalla crescita! Ancora le aziende ti costringono a
cambiare prodotti invece di aggiustarli, di buttare il cibo invece di
riscaldarlo per cena, di cambiare abito, auto, telefono, solo perché
passano di moda.
Cuba
ha resistito decenni contro il mondo, contro ogni logica, così
vicina al cuore dell'impero occidentale da sembrare un miracolo
inspiegabile. La storia di Cuba degli ultimi decenni è stata anche
quella di Castro, certo. Un uomo che la Storia giudicherà, per
parafrasare lui stesso, che la storia sta già giudicando. Sebbena la
Rivoluzione Cubana sia stata una vera rivoluzione popolare, dire che
il suo popolo lo ha sempre appoggiato è esagerare; Cuba è stata
isolata per tantissimo tempo, è divenuta più povera delle
ottimistiche previsioni iniziali. Ci sono stati dissidenti, e ci sono
tutt'ora, dentro e fuori Cuba, a dimostrazione che la parabola cubana
e quella castrista sono state troppo intimamente legate per poter
farne una miope apologia oggi. I risultati sono sotto gli occhi di
tutti, Cuba cade a pezzi, tanti cubani se ne vogliono andare (mi
viene in mente il toccante discorso di una ragazza sulla spiaggia a
Baracoa, il cui sogno più grande era vedere le piramidi egiziane,
desiderio per noi facilmente appagabile con un pacchetto vacanza, ma
per lei languido e lontano come una chimera, come un sognatore
romantico nell'Ottocento immaginava lidi lontanissimi e
irragiungibili).
E'
notizia di questi mesi che Raul Castro renderà presto molto più
facile viaggiare all'estero per i cubani (ad oggi la procedura è
complicata e costosa). I cubani si apriranno al mondo, e cosa
accadrà? Verranno diluiti nell'orgia finale del consumismo? Non lo
so. Spero solo che l'insofferenza verso i lati oppressivi del
castrismo, verso l'embargo, la chiusura e le ristrettezze economiche
non spinga acriticamente i cubani tra le braccia del modello di
sviluppo opposto, il nostro, che sta morendo. Spero che si prendano
le loro giuste libertà e rivendicazioni, anche frivole, ma che non
vengano sopraffatte dalla dittatura culturale occidentale, molto più
invasiva e pericolosa (perché subliminale) dei lati oscuri del
castrismo. E spero che i turisti occidentali non vadano a Cuba sono
per scoparsi una mulatta o per comprare i berretti del Che. Quello
che può darti davvero Cuba è altro.
La
visione concreta di un modello di sviluppo sostenibile, rimasto
miracolosamente congelato per
motivi storici, ma che dovrebbe essere conosciuto.
Un
modello di sviluppo rimasto a dimensioni umane, in una società che è
ancora umana. In cui l'economia è fatta di rapporti tra le persone,
di senso della comunità.
Noi
tutto questo lo stiamo perdendo. Nei nostri supermercati iniziano a
comparire le casse automatizzate senza cassiera, nei nostri aeroporti
il check in si fa nella macchinetta, e nessuno si ribella per questo.
SergeLatouche quando parla della “decrescita felice” non descrive un
mondo primitivo o medievale, descrive il mondo degli anni Sessanta.
Il mondo in cui si è fermata Cuba, che applica quel tipo di
mentalità anche alle cose nuove che si affacciano lentamente
sull'isola, come i cellulari. L'Havana è piena di negozietti che
riparano i cellulari, come non ne ho mai visti! Mi pento di non aver
portato con me il mio vecchio Nokia, ormai senza suoneria, prezzo
pagato 39 euro, prezzo chiestomi per la riparazione in Italia 30
euro! Qui a Cuba me lo aggiusterebbero per 5 pesos convertibili.
Il
negozietto che aggiusta il cellulare è un magnifico esempio di
mentalità della decrescita (che per noi si chiama decrescita, per i
cubani è stata semplicemnete non-crescita), un impeccabile modello
di imprenditoria anni Sessanta applicata all'odierno, lontana
diecimila galassie dall'asettico e inutile “Genious bar” della
Apple dove mi trovo adesso.
Gli
anni Sessanta. Che assurdo meccanismo che è la nostalgia di epoche
che non abbiamo mai vissuto. Un epoca forse ingenua, certo. Ho
iniziato presto io a rimpiangere gli anni Sessanta, pur essendo circa
vent'anni dopo la loro fine. Ho iniziato ascoltando Celentano da
adolescente, le audiocassette di mio padre, i Beatles poco dopo, in
pieni anni Novanta, tornando al presente soltanto con l'avvento dei
Radiohead.
Gli
anni Sessanta mi ricordano le vecchie foto di mia madre da giovane.
Dopo
le stronze asperità dell'adolescenza, dove i genitori sono solo
degli stronzi, vecchi per definizione prima ancora che per anagrafe,
vai a vivere da solo, capisci tante cose che non capivi. Una tra
tutte, la forte austerità anti spreco di mia madre.
Il
non comprare determinate cose perchè “non sono necessarie”, a
volte privandomi di beni che all'epoca mi sembravano indispensabili.
I “capricci” li chiamava (e li chiama ancora) mia madre.
Intendiamoci,
ho avuto un'infanzia felice, che non cambierei per nulla al mondo se
lo potessi fare.
Semplicemente,
l'ho passata senza videogiochi e senza nemmeno pensare lontanamente
di chiedere il motorino. Questa “austerità” mi permise di
leggere un sacco e mi fece scoprire la creatività, iniziai a fare
fumetti (avevo dieci anni).
Oggi,
talvolta, mi lamento di non avere abbastanza tempo per leggere quanto
vorrei, e sopratutto di fare le mie cose quanto vorrei. Certo, un bel
po' di tempo se ne va nelle incombenze da adulto moderno
(procacciarsi cibo e fare finta di riprodursi), ma una parte del
tempo lo butto via, lo spreco, con molte delle cose che mia madre
chiama ancora “capricci” (la dipendenza da internet, per dirne
una).
In
ogni caso, verso i sedici anni questa cosa divenne insopportabile,
vedevo il mondo là fuori (come i cubani!) e ne volevo fare parte,
giocare con tutti i suoi giocattoli!
Ho
anelato l'indipendenza come un pazzo e l'ho afferrata appena ho
potuto. Non avevo capito una cosa che adesso mi è chiara, mia madre
mi aveva salvato.
“Nonsi esce vivi dagli anni Ottanta” cantano gli Afterhours, e io li ho
attraversati nel periodo più vulnerabile della mia vita, l'infanzia,
quasi immune dal terrorismo psicologico consumista che è stato
inculcato alla mia generazione. Mi sono ribellato all'”austerità
materna” negli anni Novanta, ma ormai ero fuori pericolo. Ho
raggiunto, bene o male, una certa
indipendenza economica. Ho avuto soldi miei per comprare tutto quello
che volevo, o quasi, e tante volte li ho bruciati in perfette
stronzate. Ma mi sono ritenuto, e mi ritengo tutt'ora, immune dal
virus consumistico. Mi sono dato una scala di valori. Miei
ovviamente, non di mia madre (molto più ristretta). “Cosa mi
serve veramente?” mi sono chiesto. E mi sono risposto. Tutto il
resto mi tocca relativamente. Il vestito firmato, l'elettrodomestico
di moda non mi tangono. Ero “no logo” prima che Naomi Klein
scrivesse il libro. E devo questo a mia madre, senza dubbio.
Senza
rendersene conto è riuscita a prolungare quella mentalità anni
Sessanta fino alla mia adolescenza, regalandomi un vaccino
straordinario.
A
Cuba la gente conserva tutto, perchè tutto si può riutilizzare o
può servire per creare qualcos'altro. Popi, un amico di Ruben e
Alamar, a Baracoa, ci mostra orgoglioso un motorino di sua invenzione
che usa per lavorare i semi di cacao e fare barrete di cioccolata che
vende in spiaggia ai turisti, assieme ai dolcissimi cucuruchos.
Il motorino è quello di una vecchia lavatrice sovietica,
opportunamente modificato. Genio puro.
Mi
vengono in mente le centinaia di lattine e contenitori e vario
ciarpame conservati metodicamente da mia mamma per anni,
riutilizandoli poi per fare lavoretti artistici alla scuola
materna,dove ha insegnato per anni,o per altri usi domestici.
Dimenticandosi però di non essere più negli anni Sessanta, quando
il mondo del contenitore superfluo era ancora agli albori, né
tantomeno a Cuba, dove trovare un sacchetto di plastica è una
rarità. E così mi sono ritrovato, tempo fa, a dover ridimensionare,
buttandoli o riciclandoli, sterminate distese di barattoli e
sacchetti di plastica, che non avremmo smaltito mai nemmeno
utilizzandoli per l'immondizia nei prossimi cento anni (mia madre
voleva ammazzarmi)!
Assurdo,
certo. Ma il principio, la logica dietro quel comportamento da
formichina impazzita è ineccepibile: sprecare è sbagliato. E'
peccato, direbbe mia madre, buttandola subito nel sacro.
Ma
stavolta avrebbe ragione, mia madre. Il peccato originale che sta
fottendo la nostra civiltà, come ho realizzato in maniera
cristallina dentro quell'Apple Store.
Ed
è finito il flash back, esco dal negozio.
Tra
un paio di settimane avrò un ipod nuovo, completamente gratis perché
è ancora in garanzia. Non mi lamento eh!
Ma
penso alla fortuna che ha avuto Cuba, e che ho avuto io.
Cuba
la deve a Castro, io a mia madre.
Fidel
Castro e mia madre, entrambi autoritari, spesso contro il volere del
popolo. Ma che al di là degli errori hanno forse lasciato un
importante anticorpo.
Fidel
Castro lo giudicherà la storia, mia madre la giudico io.
Grazie
mamma!
ps: ah, lo sapevate che Che Guevara ha inaugurato una fabbrica di cioccolato?
english version
Did you know that Che Guevara inaugurated a chocolade factory?
cuban impression, second part
(here the first part, here the interlude. the english version is always after the italian one)
(follows)… and I went into a
flashback. I am in L'Habana, Cuba, march twotousand and tuelve.
Since Raul Castro leads the
revolutionaty government they slowly introduced some technological
innovation like mobile phones. Well, we are talking about Cuba, so
when you think about mobiles keep i mind the cuban cars, same
concept. There is no a main model, and of course they are not all the
rage. I'm not even sure they know what the term “touch screen”
means. Just few years old models, although they look like from the
Mesozic to me, decadent son of the Western world.
I
am in the casa
particular of
Reynaldo and Hanoy (aka Gino) where me and my friends are hosted. We
just arrived and I ask to Gino to show me a socket to charge my ipod.
He shows it to me and remains pretty impressed by my device and start
to ask me everything about it. I try to do it, but it's not easy. Try
to explain the concept of “wireless” to someone who can connect
to the internet , if he is lucky, once per month , still by the
modem, and just to check his email, shared with his cousin. And it's
not even internet, but intranet, an internal web only for the island.
Without
the considerable economic help from the former sovietic ally, and
with no help yet from the future venezuelan ally, Castro had to think
back and reduce the whole cuban economic plan, swiching from a
socialist central planning to a decentralized market, always
socialist. Whoever has an house with the right condictions can apply
for a casa
particular duly
marked with a symbol recognized by all. Like this the private
citizens can count on the incomes from the tourists, and the state
can cash the taxes.
Although in Cuba the black market
do exist ( first of all the prostitution), every kind of economic
enterprise, even the smaller, is subject of regulation. That's the
socialist decentralized marked basically. So it's easy to meet a
busker on the street, singing traditional songs while you are eating
and then he proudly shows you his regular busker license recognized
by the state. By wich he pays taxes for the retirement. He is proud
to remark, by this, he is not a wastrel busker dangling on the
street, but a skilled and recognized professional. In addition to
impecable interpretation of traditional cuban songs I'm impressed by
a piece he personally wrote and dedicated to John Lennon, in
caraibean sauce (John Lennon is very loved in Cuba).
Baracoa was for sure the nicest
stage of the journey to me. Quiet, fine beaches, tasty food, giants
shrimps cooked in coconut milk, delicious! The food is pretty
monotonous in Cuba, the best place where we ate is in this colorfull
city of the East!
In Baracoa we meet Ruben and
Alamar, they also provvided of regoular license. They are two nice
craftsmen whom sell their artefacts along the beach of the lovely
Baracoa. They sell nice wooden artefacts. It's not hight season
and we do know that we would be besieged all days untill we'd buy
something. We make a deal. We'll buy a lot of stuff all together the
last day if they won't ask us every day. Deal!
We meet them everyday along the
beach but they don't stress us, they keep the word. They pumper us
instead and we become friends. Ruben climbs everyday on some coconut
palm collecting some coconut for us with his machete. Fresh coconut,
delicious! He talk about his family, about his son who needs medicine
impossible to get in Cuba. He talks about the two italian girls he
met last year whom send him the medicine from Italy, he shows us the
letter they send to him and his eyes are wet. He give us their number
and begs us to say hi to them once in Italy.
Ruben and Alamar are very nice,
and the human part of this extemporaneus friendship looks sincere,
after all. But what Ruben and Alamar are doing is pure marketing.
For years the average Cuban had
many material limitations.
This fact developed in him, by
natular selection, an adaptability out of the ordinary, a thin
foxiness and a great ability in business. In Cuba everybody try to
sell you everything. It's human marketing, based on the physical
contact, on empathy, often fraudolent, but real anyway. Very often
you feel like a walking wallet in Cuba.
The pressing marketing in some
circumstances was truly weird! Mostly in Santiago. I remember this
unbelivable scene, hordes of taxidrivers besiege us at the Santiago's
bus terminal, pushing the glasses, like in a zombie movie! I swear
I'm not exagerating!
Here again, you compare Cuba with
the rest of the world. And here again you think “what's better?”
Then you realize tha Cuba just reveals with disarming semplicity what
in the rest of the world is more hidden and sneaky.
The marketing obsessing the
Western consumer is'nt even worse? Are'nt we “walking wallets”
as well over here? At least in Cuba they still have the human factor,
that we completely lost. And in the end of the day you are lying on
the beach with the same guy who sold you something, drinking rum and
talking about women. That's what we do with Ruben and Alamar, in the
Baracoa sunset.
A
little everywhere nice motherfuckers started a conversation on the
street, in perfect italian, offering us some girl or some purchasing.
In L'Havana the distinguished señor
Augusto start a conversation with us while we are queueing at the
Cadeca
(the change office where to convert currency) talking a fluent
italian. He helps me with some medical need I had (red eye) leading
me to his doctor, requiring medicin for himself (paying them very
cheap in cuban pesos) and offering them to me. Then he lead us at a
friend of him's place, and the morning ends with us with two boxes of
cigares. He invite us for a dinner at his place, at the end of the
trip. Augusto's house is an huge room without walls, very hight
roofs, definitely a space made for other pourposes turned into a
dwelling place. He proudly shows us his place, although the big room
is not exactly in good condictions. Augusto exposes with enthusiasm
the big changes he intend to do in his big room, resumable in one
single word: walls. Pretty obvious: he wants to split the big room
with walls to create more rooms and be able to apply to have his casa
particular
.
When you walk the Havana's streets
you feel to be in a special space-time corner. Well, now L'Havana is
not perfectly fronzen in the Fifties, like some year ago. You don't
think to be exactly in the 2012, though no longer in the middle of
the Cold War. The center od the city keeps architectural gems of
great beauty, mostly in Art Nouveau and Colonial style. Architectures
survived the decades as anywhere else in the world, but dangerous and
crumbling without a proper maintenance.The UNESCO has commissioned to
restore some historically important buildings, and so did some
canadian company, but it seems that the process is still up in the
air.The journey is about to finish, we
get back in L'Havana, at Reynaldo and Hanoy AKA Gino's. Just Gino
shows us a video about a collapsed bulding in the center of L'Havana.
It's a morbid video, one kind of video I hate to see, showing
splitted heads and mangled corpses from the rubble. I realized that
that kind of sick voyerism I often see on facebook is not a
degeneration of the web, but it's something strictly inherent to the
human nature.The island's media never talk
about these accidents. Though they are not directly imputable to the
government, they do are related to the poor state in wich they are,
of wich the government is certainly responsable.
He
tell us about the neighborhood's
“revolutionary
committee”, which meet at regular intervals, discussing the real
problems of the neighborhood and also acting as a mini “revolutionary
tribunal” trying to identify every anti-revolutionary behavior,
reporting it or at least stigmatizing it. Gino proudly states to be
the nephew of a famous dissident cuban writer who lives now in Paris
and send him some present once in a while. That's why he is so
unpopular to the commitee.
In the next years Cuba has a
challenge: to choose between the will to be part of the rest of the
world or remain anchored to its history. It is a fact that, like
everything that is forbidden, the glittering world of capitalism will
continue to attract many cubans.
Probably the Cuba's breaking point
is very close. Many observers make very bad predictions about the
“after Castro” in Cuba. Many picture a scenario very similar to
the former Ussr, outbreak of crime, foreign multinationals' invasion.
I don't think that this is going to happen, if not in small part.
These forty years of revolution
have served to something. The “new man” really exists, is some
way. It is providential that the new course of Cuba is going to
happen in few years, perfect timing! Just in these years the western
system is showing its limits, our big colorfull toy is about to
implode.
Western society is in decline. The
neoliberal system showed its ferocity and inadeguacy to the global
econonic challeges, basically because it's unsustainable. Politicians
still talk about growth like the only antidote to disaster just
caused by the unsustainable growt! Companies still force you to
change your product and by a new one, instead to fix it, to throw
away the food instead to warm it up for dinner, to change our
clothes, car, phone, just because they go out of fashion.Cuba has resisted for decades
against the world, against every logic, so close to the Western
empire's heart, an unbelivable miracle. The history of Cuba of the
lastest decades was also the Castro's one, of course. A man who will
be judge by History, to paraphrase himself (and maybe it's already
happening).
Cuban
Revolution was definitely supported by the people. Neverhless it
si an
exaggeration to say that his people has always
supported;
Cuba was isolated for long time, has become poorer than the
optimistic forecasts of the beginnings. There was and there are many
dissidents, inside and outside Cuba, it would be too naive to make a
blind apology of Castroism today. The results are there for all to
see, Cuba fall apart, many cubans want to leave ( I remember the
touching talk of a girl on the Baracoa's beach, whom greatest dream
was to see the egiptian pyramids, something we can easly do just
buying a low cost fly; for her it was a far away dream).
Raul Castro's administration is
now making easier to travel abroad for cubans (so far it was very
complicated and expensive). What is going to happen? Cubans will open
to the world, will they join to the consumerism's final orgy? I don't
know. I just hope that the impatience towards the oppressive sides
of Castroism, towards the embargo, and the hardships, do not push
them uncritically between the harms of a dying economic system, our
one.
I
hope that they are not
overwhelmed by the dictatorship of Western culture, much more
invasive and dangerous (because subliminal) of the darker sides of
Castroism. To visit Cuba is something more than sexual or ideological
tourism, I hope that the tourists begin to understand this. Staying
here you can concretely see an sustainable development model
miraculously remained frozen, for historical reasons. A model that
deserve to be known.
A
development model in human dimensions, into a society that is still
human. In which economy is made of human relationships, sense of
community.
Our
societies are loosing this, without rebelling.
When Serge Latouche talks about
the “happy decrease” does not describe the primitive world, or
the middle age; he descrive the world of the Sixties.
Just
he world in which Cuba has stopped. They still use this “sixties
mentality” , even with the modern products. L'Havana
is full of mobile repair shops, I've never seen that much!
I
regret not having brought
my old Nokia, by now without ringtone, even if it's still perfectly
working. I paid that mobile 39 euros, in Italy they asked me 30 euro
to fix it! Here in Cuba they could fix it for 5 convertible pesos.
The mobile repair shop is a
perfect example of “decrease mentality” (for us is “decrease”,
for cubas it was simply “no-growt”), an impecable model of
Sixty's entrepreneurship applied to today's, far away ten thousand
galaxies from the useless Apple's “Genious bar” where I am now.
The
Sixtes. Such
a weird mental process, to be nostalgic of an age you've never lived!
Maybe a naive age, of course. I started very early to regret the
Sixties, even if I was born approximately twenty years after their
end. I began listening my dad's music tape of Celentano when I was a
teenager, then the Beatles, coming back to the present time only when
Radiohead appeared.When I think about the Sixties I
remember my mother's picture, when she was young.When you are a teenager you are an
asshole, your parents are TWO assholes, two old assholes, to be
precise. They are old for definition, even before than for date of
birth. Then you go to live on your own, and start to understand
somenthing you did'nt understand before.
Among the many, I understood the
strong anti-waste austerity of my mother.She
used not to buy me stuff whenever she felt they was “not usefull”,
depriving
me of things that at that time I thought necessary. She call the
“whims”.
Don't misunderstand me, I had a
beautifull childhood, I would never change it if I could.I spent my chilhood and
adolescence without videogames and I would never asked for a moped.This “austerity” allowed me to
read a lot, and to discover my creativity, I began to make my firsts
comics (I was ten). Today I often regret not to have
enought time for reading and for making my stuff. Yes, I spend some
time for the normal “adult activities” (to get food and pretend
to breed), but a part of it I just waste it, whit activities that my
mom still call “whims” (the internet addiction, for instance).Anyway, when I was around sixteen
this situation became unbearable, I used to see the world outside
(like cubans!) and I wanted a part of it, I wanted to play with all
its toys!
I
wanted my indipendence so much, and I got it as soon as I could. I
did'nt understand, at that time, something that is now very clear to
me, my mother saved me. “ Non si esce vive dagli anni Ottanta”
[“Nobody gets out alive from the Eighties”] sing the Afterhours.
I crossed the Eighies in the more vulnerable moment of my life, the
childhood, almost immune to the psychological
terrorism
that they instilled to my generation. I rebelled to my “mother
austerity” in the Nineties, but I was already out of danger. I
reached, little by little, a certanin economic indipendence, I had my
money, I was free to buy (almost) whatever I wanted (many time,
perfect bullshits). But I felt, and I still feel, pretty much save
from the consumerist virus. I always ask myself “what I really
need?”. I answer to myself, and I don't care about the rest. I
don't care about the big car or the designer dress, I was “no logo”
before Naomi Klein would write her book. I own it to my mom, no
doubts.
Thanks to my mom the “Sixty
mentality” survived in my family until my adolescence, giving to me
an extraordinary vaccine.
People keep everything in Cuba,
they waste nothing. Everything is usefull to create something else,
or to be reused.
Popi,
a friend of Ruben and Alamar, in Baracoa, proudly shows us a little
machine that he invented, to work the cacao'seeds and make chocolade
bars to sell to the tourists on the beaches, along with the delicious
cucuruchos.
The
starter and other pieces are taken from an old sovietic washing
machine, properly modified. Pure genious.
I
remind the hundreds of cans, containers, and other trash,
methodically kept by my mom, for years, reusing them to make
handicrafts with her children at the kindergarden where she taught
for years, or for some domestic purpose.
Forgetting that we were not in the
Sixties anymore, when to get an extra plastic container was less easy
than today, and not even in Cuba, where is rare to get a plastic bag.
That's how my mom during the years created an huge collection of can,
bottles, bags and so on...
It's crazy, I know. But the
principle, the logic behind this behavior of crazy ant is right: to
waste is wrong.
It's a sin, my mom would say, she
likes to switch everything into religion.
But this time she would be right.
The flashback is over, I get out
from the store.
In a couple of weeks I'll get my
new ipod, completely free, because it's still under warranty.
Hey, I'm not complaining!
But I can't help to think back
about Cuba, and my childhood.
Fidel Castro and my mother, beyond
the mistakes they made, they have left an important antibody.
Fidel Castro will be judge by
History, my mom will be judge by me.
ps: ah, did you know that Che Guevara inaugurated a chocolade factory?