mercoledì 25 novembre 2015

A che punto sono coi miei fumetti (parte II)

anteprima in progress da "Crisi Comix" #0


A distanza di un anno e rotti dall'ultimo aggiornamento sull'argomento su questo blog eccomi col post annuale sulla mia attività fumettistica. A che punto sono coi miei fumetti?
Certo, vista l'immagine che ho scelto per aprire il post sembra che la risposta sia "in alto mare". Per fortuna non è così!

Dalla presentazione dei numeri 1 e 2 di Crisis Comix al Raptus di Bergen il settembre dello scorso anno non ci sono state nuove uscite di miei fumetti, è stato un anno dedicato soprattutto alla scrittura e al disegno dei capitoli seguenti.

Il progetto “Crisis Comix” è un progetto magmatico. Ho cercato di lavorare alla struttura narrativa di questi miei nuovi lavori molto più di quanto abbia fatto in passato; tuttavia i tempi lunghi di gestazione, il tempo oggettivamente lungo che passa dalla scrittura allo schizzo, alle matite 2H, all'inchiostrazione, colorazione e infine stampa fanno sì che dall'idea iniziale alla storia finita ci sia qualche differenza.

Senza contare le paranoie creative che mi colgono sempre alla fine o quasi di qualsiasi cosa faccia.
tratto da "La vitaccia di un fumettista indipendente" ( "Crisis Comix #02)

Dopo il numero 1 e 2 ci si sarebbe aspettato un numero 3, ed era quello a cui stavo lavorando. Poi però ho cambiato completamente idea, ho interrotto il disegno del numero 3 e mi sono messo a fare un numero che si colloca narrativamente prima del numero 1 già pubblicato, numero che ho dovuto chiamare per forza numero 0 (non potevo cambiare la numerazione dato che i numeri 1 e 2 sono già stati stampati). 
Insomma se George Lucas ha cambiato l'ordine narrativo della sua saga girando i primi capitoli di Star Wars anni dopo i capitoli intermedi, non vedo perchè non possa farlo anche io! I motivi di questa scelta sono estremamente noiosi, ve li risparmio per ora. In ogni caso ognuno dei numeri di "Crisis Comix" può essere letto sia autonomamente che collegati l'uno con l'altro. Il numero 0 attualmente in preparazione si collegherà quindi al numero 1 e così via.
La storia in questione, il numero 0, non è ancora finita, ma la copertina sì (o quasi), il titolo della storia non compare ancora perchè sono è ancora provvisorio, ma insomma ci siamo quasi. Per chiunque mi conosca credo che l'ambientazione della storia sarà abbastanza facile da capire, agli altri lascio il tempo di scoprirlo quando il fumetto sarà uscito.


Una volta completato il numero attuale posso dire che sono arrivato alla metà della serie. 
Una piccola soddisfazione.
Queste cose le scrivo oggi, poi magari al prossimo aggiornamento leggerete cose completamente diverse, tipo che Famiglia Cristiana mi ha dato una barca di soldi per fare la storia di San Domenico Savio a fumetti, e che quindi abbandoni il progetto. 
Ma non credo accadrà facilmente.
Con una certa soddisfazione mista a umiltà con una spolverata di arroganza, vi mostro dunque le copertine dei primi tre numeri di Crisis Comix, nell'ordine cronologico in cui vanno lette e in cui inizierò a distribuirle con Blatta Production a partire sal 2016, Dio solo sa come (ci sarà da ridere) :










Come dicevo il numero zero non è ancora pronto, sto finendo di inchiorstrarlo, poi dovrò rifare un numero impressionante di vignette, scansirlo, colorarlo eccetera. Auspicabilmente sarà pronto all'inizio dell'anno prossimo.
Le copertine degli altri due invece me le avete viste postare svariate volte, sono stati i numeri presentati l'anno scorso al Raptus di Bergen, seppure con qualche sostanziale cambiamento.

“Crisis Comix” è stato stampato in turatura abbastanza limitata qui in Norvegia, in italiano, inglese e norvegese. Diciamo che era stato un esperimento. E' stata la prima presentazione di roba mia dopo diversi anni, peraltro in un paese diverso. E' andata incredibilmente bene, le copie sono andate esaurite e mi sono beccato pure due belle recensioni che trovate tradotte nel link iniziale ( giuro che la traduzione è fedele!).
Ancora gasato da quell'inizio e, nonostante il cambiamento di linea narrativa mi imponesse di aspettare di terminare il numero 0 per presentare di nuovo le storie, ho deciso che chissenefrega e ho lavorato per riuscire a fare una presentazione delle mie storie in Italia. Ci sono tantissimi festival e luoghi dove avrei potuto farlo, ma c'era solo un luogo in cui volevo veramente farlo. Uno dei festival di fumetto (e non solo) più bello e genuino in cui sia mai stato. Un festival al quale parecipammo, con la vecchia Blatta Production, alla prima e alla terza edizione e che da allora (sono passati più di dieci anni) è cresciuto tantissimo, mantenedo però intatto il suo spritito originale. Sto parlando del “Crack! Fumetti Dirompenti! “ di Roma. Dall'ultima volta in cui c'ero stato è diventato credo la più importante manifestazione di fumetto (e non solo) underground d'Europa.

Crisis Comix” è stata ristampata in un nuovo formato, formato comic book americano (17x26 cm), un formato che ho ritenuto adatto per il tipo di storie (la prima versione uscita in Norvegia era in A5).
Inoltre ho cambiato idea sull'iniziale tricromia e ho deciso di dargli più colore. Questa è stata una piccola nuova sfida per me, che non ho dedicato mai molta attenzione al colore nei miei fumetti. Ho scelto una tavolozza limitata di circa una decina di colori netti, senza sfumature o effetti particolari) e ho ricolorato tutto. 
Perfettamente consapevole che non sono un colorista, sperando che prima o poi sia abbastanza ricco da potermeme permettere uno!
Ne ho approfittato ovviamente per correggere i tanti refusi rimasti nei dialoghi e ho anche rifatto alcune vignette.
Ecco alcune differenze tra il prima e il dopo di alcune parti.

 






Rilanciare solo i miei fumetti con l'etichetta Blatta Production sarebbe stato un po' ridondande. La prima esperienza (divertentissima) di Blatta Production nei primi anni Zero era nata come esperienza collettiva. Essendo passati tanti anni e sfumate tante motivazioni, era molto difficile ricreare un'esperienza fumettistica collettiva come allora. A dirla tutta nemmeno allora l'esperimento protoeditoriale “collettivizzante” riuscì in pieno. Però la voglia di proporre altre storie era tanta e quindi a questo punto della storia dovete immaginarvi una scena alla “Blues Brothers”, quella in cui i due fratelli vanno in giro a cercare i vecchi componenti della band per “rimettere insieme la band”. 




Vabbè, è stato meno epico che coi Blues Brothes, ma in parte è stato epico lo stesso.

Ovviamente non potevo contattare tutti, nè tutti potevano fare di nuovo parte del progetto, nel frattempo c'è chi si è dedicato ad altro. Ma tra i pochi eletti un importante e singolare personaggio, un fumettista che ci accompagnò con le sue bizzarre storie ai tempi in tutti i numeri usciti di “Naked Women Inside” (la rivista di Blatta Production di allora) si è lasciato coinvolgere di nuovo.
Sto parlando di Antoine Caramalli, artista visivo e fumettista italo francese attualmente residente a Bruxelles.
Anche lui, come me l'anno prima, non faceva fumetti da circa cinque anni. C'è da dire che aveva una scusa migliore delle mie (ha avuto un bambino), e quando si è detto interessato al progetto e mi ha detto che avrebbe ripreso a farli grazie alla mia proposta, devo riconoscere che mi sono sentito molto orgoglioso.
Sentirsi dopo tanto tempo è stato molto bello, abbiamo discusso su una nuova collaborazione, gli ho spiegato il nuovo corso di Blatta Production (non più riviste collettive e storielle brevi, ma storie di medio o ampio respiro, meglio se strutturate in miniserie).
Quel matto di Antoine ha messo in cantiere una miniserie di tre numeri, ognuno del quale contiene delle storie differenti che continuano in ogni numero. Storie non sempre convenzionali, come nel suo stile, e proprio per questo molto interessanti da leggere, anche perchè concepite come una "performance", con tanto di spettatori che assistono. Bisogna averlo tra le mani per capire bene di cosa si tratta! Una delle quali (la mia preferita, forse uno dei suoi lavori a fumetti più ambiziosi) è "La Trappola" la versione a fumetti di un episodio tratto da un omanzo gotico di Matthew Gregory Lewis, “Il Monaco” del 1798.  Qui di seguito la copertina del numero 1 del suo "Spectacular Comix" e alcune tavole:






In qualche maniera rocambolesca siamo riusciti a stampare entrambi le serie per il Crack!

wooooooooowooooooo !!!!

Tutto era pronto, siamo partiti. Un aereo dalla Norvegia e un altro dal Belgio ci hanno portati entrambi a Roma, dove ho passato una delle settimane più stancanti, ma anche più divertenti degli ultimi anni.
Al Forte Prenestino, dove si svolge il “Crack!” tante vecchie facce non le ho riviste, ma qualcuna si. A partire dagli organizzatori (Valerio, Giusy e tanti altri), svariati altri fumettisti e moltissime facce nuove.
Giorni passati a smistare pacchi di fumetti che mi erano arrivati per posta a Roma, svariati pacchi che ho spedito in qualche città italiana e che ancora aspettano dormienti il prossimo step organizzativo.
Pacchi ricevuti da mia cugina Cecilia in pieno Trastevere, alla quale ho riempito lo studio pittorico (sì, siamo una famiglia di fottuti artisti, embè?) e senza il cui importante supporto logistico e doccistico (le docce al Forte erano molto pittoresche, ma una doccia calda in casa è tutta un'altra cosa) sarei stato veramente nei casini!

Oltre a rivedere il mitico Antoine, che mi ha affiancato in questo nuovo inizio italiano di Blatta Production, ho rivisto Simone, venuto a Roma a posta (d'altronde come fondatore della vecchia Blatta non poteva mancare). Nonostante i pochi giorni in cui è rimasto è stata una presenza molto gradita sia nell'aspetto amicale che in quello simbolico. Mi ha anche regalato un minidocu che descrive molto bene l'atmosfera di quei giorni.




Last, but not least, l'arrivo da Genova di un altro reduce degli anni bolognesi, l'inossodabile Francesco “Frano” Torcoletti, venuto apposta per l'occasione!
Passeggiare per Roma con Frano con la chitarra e Antoine col registratore a registrare i nostri stornelli improvvisati è stato il revival perfetto. Ce la siamo spassata.
Il buon Antoine ha pensato di creare dei file audio di alcuni momenti di quei giorni, che coprono i momenti più svariati, dal momento di scambio denaro/fumetto al mercatino del Forte alla registrazione dadaista di fumettisti che russano e uccelli che cantano, passando per l'audio di un'amatriciana e ovviamente gli stornelli. Almeno qualcuno ve lo devo postare, perdonatemi! 







Dopo questa parentesi romana ognuno di noi è tornato alla propria vita.
L'idea iniziale era riuscire a presentare qualcosa di nuovo questo autunno ma, molto banalmente, non ce l'abbiamo fatta.
Quest'anno ho anche saltato il Raptus Festival dove ero stato l'anno scorso, amen. 
Ma la differenza tra questi ultimi due anni e quelli precedenti è che sulla scrivania c'è sempre un foglio fissato con lo scotch di carta e questa è la cosa importante.

esattamente così

La scelta di pubblicare tutto su carta e usare internet solo per aggiornare su eventi, forse può sembrare una scelta anacronistica. In molti mi hanno consigliato di pubblicare i contenuti anche su internet, e magari lo faremo anche ad un certo punto.
Tuttavia la scelta di produrre queste nuove storie attrraverso canali e supporti tradizionali, fisici e lenti, è una scelta precisa. Forse è troppo dire “filosofica”, ma di sicuro posso dire “programmmatica”.
Ritengo che internet abbia sì velocizzato, ma anche abbassato la qualità di molti contenuti.
La tendenza ad avere un riscontro immediato, l'ansia di prestazione provocata dal meccanismo del “like me” , ha portato una certa produzione di contenuti (non solo fumettistici, sia chiaro) ad un certo appiattimento verso il basso, ad una ricerca di semplicità e immediatezza che va a discapito della ricerca di una narrazione più complessa.
Ho detto “abbassato”, ma mi correggo. L'immediatezza e la velocità non sono necessariamente dei limiti, anzi! Rimanendo nel fumetto, le strip a fumetti esistono da decenni, l'immediatezza è sempre stato il loro punto di forza, anzi ho sempre invidiato gli autori che con poco riuscivano a dire molto.
Tuttavia ritengo che il tipo di approccio al quale la comunicazione sui social ci sta abituando in questi anni favorisca un tipo di “immediatezza” che non sempre si coniuga con la qualità dei contenuti. E lo stesso meccanismo che premia o penalizza un contenuto, la condivisione e il “like”, tende a favorire il contenuto in base alla sua funzionalità sul mezzo e non (necessariamente) alla sua qualità.
Per fare un esempio concreto che non si riferisca al fumetto: quando si scrive un post particolarmente divertente, oppure semplicemente un video buffo o una bufala razzista ad effetto, si raggiunge un grande numero di “like”; quando si scrive qualcosa di più complesso, magari anche molto acuto e strutturato, il numero di apprezzamenti è visibilmente più basso.
Il media E' il messaggio”, questo tipo di media contiene dunque il messaggio implicito dell'immediatezza, della velocità e delle semplicità, favorendo dunque i contenuti che più si allineano a tali linee.

Nonostante sia un processo più lento è per questo motivo che si è scelto di produrre e distribuire questi nuovi fumetti su carta. I tempi di lettura su carta sono diversi, l'approccio è più approfondito. E soprattutto il momento di condivisone, reale , fisico, è molto più divertente. Possiamo cantare gli stornelli e molestare le donne, per esempio.

E con questo ultimo pippotto credo di aver spiegato veramente tutto quello che c'era da spiegare e detto tutto quello che c'era da dire su quest'ultimo anno fumettistico.
Tutte le informazioni sulle prossime iniziative, presentazioni, punti di distribuzione, le potrete sapere seguendo la mia pagina facebook e quella di Blatta Production.
Date anche un occhiata al sito di Antoine Caramalli, un altro disadattato peggio di me che non ha nemmeno facebook, ma ha un sito in cui trovate tutto quello di cui si occupa , non solo fumetto.



E' tutto.
Torno a fare cose.
Di seguito, foto dal Crack 2015.

Ciao!































lunedì 16 novembre 2015

Il conto per piacere!



(english version follows)

Lo stile di vita occidentale, il nostro, ha come pre condizione l'ingiustizia.

Se possiamo andare a lavoro in auto o in metropolitana, se possiamo proggettare un viaggio ai tropici, se possiamo comprare l'ultimo modello di smartphone o anche scegliere di non comprarlo perchè siamo “anticonsumisti”, se possiamo permettecerci di essere vegani e comprare frutta fuori stagione che viene dalla Costa Rica, se possiamo scrivere post su facebook (a favore o contro la guerra, non importa), se possiamo disegnare divertentissime vignette sui temi d'attualità ed essere lodati da sconosciuti per coccolare il nostro ego, se possiamo fare tutto questo e molto altro, lo possiamo fare perchè viviamo nella parte di mondo che sta bene.

Sta bene perchè da secoli, col colonialismo prima e col neocolonialismo adesso, a depredato le risorse alla parte del mondo che sta male.

Forse è inutile dare giudizi di valore morali a questo fatto. Sono certo che se l'altra parte del mondo ne avesse avuto la possibilità avrebbe fatto lo stesso. Non credo alla favoletta che esistano paesi cattivi e paesi buoni, esiste semplicemente l'uomo, che cerca di approfittare di qualisiasi cosa pur di migliorare le proprie condizioni di vita, compreso di altri uomini.

I reazionari hanno sempre voluto bombardare e adesso vogliono chiudere le frontiere a chi scappa dalla guerra. Ci pensano che questa gente scappa da guerre che abbiamo creato noi e che viene da noi attratta dallo stile di vita comodo che abbiamo anche grazie a quelle guerre?

I progressisti sono contro i bombardamenti in Siria, contro ogni tipo di guerra.
Ci pensano che senza lo sfruttamento di paesi terzi non si potrebbero più permettere lo stile di vita che hanno che gli permettere di disquisire amabilmente su quale bandiera sia il caso di apporre sul proprio profilo social?


Comunque la pensiamo, il terrorismo è il conto di un pranzo che abbiamo già mangiato.




The bill please! 


The Western way of life, our, has as a pre condition injustice.
If we can go to work by car or subway, if we can plan a trip to the tropics, if we can buy the latest model of smartphone or even choose not to buy it because we "anti consumerist", if we can take the liberty to be vegan and buy fruit out season from Costa Rica, if we can write post on facebook (in support or against the war, it does not matter), if we can draw funny cartoons on current issues and be praised by strangers to pamper our ego, if we can do it all all this and more, we can do it because we live in the that part of the world that lives better.
It lives better because for centuries, first with colonialism and neo-colonialism with now, has plundered resources to that part of world that now lives bad.

Perhaps it is useless to make moral value judgments about this.
I am sure if the other part of the world he would had the chance it would have done the same.
I don't believe to the fairy tale that there are good countries and bad countries, I believe that exists only the human being, and our nature is to try to take advantage of whatever helps to improve our living conditions, including other men.


Reactionaries always wanted to bomb and they want to close the borders to those who run away from the war. Do they understand that these people are running away from wars that we have created and they are coming to us because they are attracted by this cozy festyle of us that we have thank to that same wars?

Progressive are against bombings in Syria, against any kind of war.
Do they understand that without the exploitation of third countries they could no longer allow the lifestyle they have? The same lifestyle that allows them to quibble over issues like which flag to put on their social profile?

However we think about it, terrorism is just the bill of a lunch we already ate.









sabato 10 gennaio 2015

Tutti i fumettisti sono delle merde



Tutti i fumettisti sono delle merde


Questa santificazione dei fumettisti di Charlie Hedbo uccisi dai  jihadisti è francamente insopportabile.
I fumettisti sono persone orribili, tutti senza distinzione: dai grandi nomi internazionali all'ultimo vignettista della terra.

I fumettisti sono spesso sporchi, quando un fumettista “crea” di solito trascura l'igiene personale. Spesso lo fa anche quando non crea.

I fumettisti sono dei cazzo di disadattati sociali. Creano i loro mondi immaginari perchè non sono in grado di affrontare quello vero. Spesso con l'arroganza che sia il mondo vero a doversi adattarli alle loro menti fottute.

I fumettisti non sanno amare. Scelgono le loro compagne o i loro compagni in base a dei canoni di bellezza dalle sessualità ipertrofiche, condizionati ovviamente dalle immagini sessuali irreali che essi stessi creano nei loro lavori e non in base ai criteri seri che dovrebbero essere alla base nella scelta del partner. Le rare volte che trovano qualcuno che, per motivi misteriosi, sia in grado di amarli, essi lo ricambiano con comportamenti assolutamente egoriferiti e meschini, giustificando il tutto con il loro tanto ostentato status di “artisti”.

I fumettisti non sono artisti. Avendo scelto come forma di espressione un media ibrido come il fumetto, che mette insieme scrittura e disegno, il più delle volte non sono abbastanza bravi a disegnare per fare gli artisti visivi né abbastanza bravi a scrivere per fare gli scrittori, quindi decidono con arroganza di poter fare entrambi.

I fumettisti hanno un ego ipertrofico, credono che il mondo debba qualcosa al loro genio indiscusso e fanno di tutto per rimarcarlo in continuazione. Anche adesso, dopo la strage alla redazione di Charlie Hedbo, ogni fumettista della terra si è sentito in dovere di fare una vignetta per l'occasione senza che nessuno in particolare, nella maggior parte dei casi, glie lo abbia richiesto.




Quello in cui viviamo è comunque un mondo di merda, quindi tutti i fumettisti hanno pieno diritto di viverci dentro e di fare assolutamente il cazzo che gli pare.
Questi esseri orribili l'hanno sempre fatto e lo continueranno a fare, tanto vale che tutti si mettano il cuore in pace.

Mettiti il cuore in pace tu, politico di merda che fino a ieri volevi censurare ogni scarabocchio che contrastasse minimamente quei due neuroni fascisti che vagano dentro la tua testa di cazzo e oggi ti ergi a paladino della libertà di espressione perchè ti fa comodo per le tue battaglie xenofobe.

Mettiti il cuore in pace pure tu,  jihadista  di merda, che dimostri il tuo valore sparando con un kalashnikov dentro una stanza di persone inermi inneggiando alla tua religione di merda, come lo sono tutte.

Mettiti il cuore in pace anche tu, giornalista di merda, che parli di crociate e guerre sante, senza ricordare che questo mondo di merda l'abbiamo ereditato così grazie alle ingiustizie coloniali prima e quelle sociali adesso, e che adesso ce lo dobbiamo tenere così.

Adesso immaginate questa apoteosi barocca di merda senza salvezza in cui viviamo chiamata pianeta Terra senza i fumettsti. Resterebbe di merda, ma farebbe meno ridere.

Quindi smettete di rompere il cazzo ai fumettisti sparandogli addosso o santificandoli. Lasciateli stare nel loro merdoso tavolo da disegno trastullarsi nell'illusione di fare vignette acute, o persino arte. 

Tanto qualsiasi cosa facciate quelli continueranno a farlo piuttosto che trovarsi un lavoro vero.




aggiornamento 15 gennaio 2015:

I fumettisti saranno anche delle merde, ma in confronto ai responsabili di certe iniziative editoriali , odorano di gelsomino.