venerdì 10 agosto 2012

Cartelloni cubani

(impressioni cubane, prima parte)

(english version following)

 

E' passato qualche mese da quando sono andato in vacanza a Cuba.
Da tempo volevo andarci, avevo rimandato troppo. Volevo visitarla prima che finisse l'epopea umana di Fidel Castro.

Cuba è un posto curioso. Non è possibile fare semplicemente del turismo a Cuba. Il turismo a Cuba è sempre accompagnato da un aggettivo qualificativo, nella fattispecie i seguenti due:
1)turismo sessuale
2) turismo ideologico

Per la maggior parte della gente è impensabile fare del semplice turismo a Cuba. Quasi il 100% dei tuoi interlocutori ( e oserei dire dei turisti incontrati in loco) che vanno a Cuba si inseriscono tranquillamente in una di queste due categorie.

Adesso, non voglio fare l'alternativo a tutti costi.

Ma io a Cuba ci sono voluto andare per fare del turismo e basta. Sapevo che sarebbe stato un viaggio diverso dagli altri, avevo di certo voglia di capire qualcosina in più su questa isola dalla storia incredibile. Ma credetemi, non sono andato a Cuba né per scopare, né per vedere la tomba del Che.
Il bello è che ci sono andato con due miei amici che hanno, uno scopato, l'altro visto la tomba del Che.
Un po' scemo mi sono sentito, a dire il vero.

Anche perchè quando racconto del mio viaggio agli amici le domande che mi pongono sono: “hai scopato?” e/o “hai visto la tomba del Che?”.

Alle mie risposte negative mi guardano delusi, a volte non capendo che cazzo sono andato a Cuba a fare.
Ma vabbè.
In realtà il viaggio nell'isola caraibica è stato molto istruttivo.
Alcune cose mi sono piaciute, altre meno. Ma sarebbe molto lungo elencarle adesso.

Quello che volevo fare adesso è piuttosto riflettere sul concetto di scelta in democrazia.

Dopo il viaggio a Cuba ed essermi fatto, più o meno, un'idea mia sui risultati della Rivoluzione, volevo tanto sentire il punto di vista di Fidel Castro. Ho preso il librone intervista del 2003 in cui Castro condivide il suo punto di vista col giornalista Ignacio Ramonet (“ Cien horas con Fidel”, un titolo che è tutto un programma. Un mattone di più di seicento pagine. Ma molto scorrevole e interessante, lo consiglio).

Il giornalista ad un certo punto fa a Fidel la fatidica domanda sulla democrazia, sul fatto che sì, begli ideali, belle scommesse, tanti colpi bassi dagli USA, ma comunque a Cuba non c'è una vera democrazia, dato che i Castro sono comunque al potere da decenni e non ci sono delle elezioni che permettano al popolo di scegliere.

La risposta di Castro mi ha colpito.
A Cuba ci sono elezioni, dice. Elezioni locali. La gente vota i propri rappresentanti locali, che devono essere chiaramente fedeli alla Rivoluzione.
La presenza di Castro alla presidenza non sarebbe altro che un simbolo, una garanzia per la Rivoluzione stessa. I cubani hanno scelto già, cacciando via un governo corrotto e instaurando il socialismo. Se a mezzo secolo dallo sbarco del Granma vige ancora questo sistema e nessuno ha mai fatto una vera controrivoluzione, ciò significa che ai cubani va benissimo così.
E poi, chiosa Fidel (riporto a memoria), siete davvero sicuri che voi (riferendosi a tutti i cosidetti paesi democratici) abbiate davvero libertà di scelta quando andate a votare due candidati praticamente identici?


Questa storia che i candidati alle elezioni siano identici rischia di ricordare i tormentoni di Grillo. Ma Fidel Castro ha senz'altro uno spessore culturale diverso da quello del comicopolitico genovese, e la sua domanda va valutata con più attenzione.
Il nocciolo del discorso è questo. Ogni volta che noi “paesi democratici” andiamo a votare un candidato di destra o di sinistra, andiamo a votare due persone che propongono sfumature diverse all'interno di un sistema economico e politico che ci hanno dato per immutabile. Quello dell'attuale  capitalismo. E' chiaro che Obama sia diverso da Bush, che Bersani sia diverso da Berlusconi. Ma i programmi che tutti loro propongono si inseriscono all'interno di un sistema che nessuno ha deciso. Ne' i politici, ne' tantomeno noi.

Mi faceva impressione vedere che a Cuba non esistesse la pubblicità.
Solo grandi cartelli con eroi della Rivoluzione, frasi di Che Guevara, Josè Martì e molti altri. Massime morali.
Agli occhi di un “democratico” occidentale facevano quasi sorridere.
Poi pensavo alle nostre di strade.
 Zeppe di pubblicità di prodotti che nemmeno ci servono, piene di desideri indotti di cose di cui un attimo prima non ne sentivamo  il bisogno.
Cos'era meglio?
Una frase che dice “fedeli alla nostra storia” o una mela morsicata che dice “pensa differentemente” a milioni di persone che poi comprano lo stesso tablet?
Su Cuba e su Castro si possono fare tante critiche. Fidel non è certo un santo e Cuba non è affatto il paradiso. Ma almeno i cubani hanno fatto una rivoluzione per scegliere un sistema politico ed economico.

Noi “democratici” occidentali, quando l'abbiamo scelto il sistema in cui viviamo?

I cartelloni cubani veicolano un ideologia.I nostri forse no?

Mentre penso a tutto questo sono sul taxi (un'auto bianca degli anni Cinquanta) che ci sta portando ad Alamar, ascolto musica col mio ipod. Lo guardo e entro in un flash forward: tra qualche mese quell'ipod avrà un problema, sarò costretto a portarlo a riparare. Mi allontano per qualche minuto dalla calda atmosfera caraibica e sono a Bergen, in Norvegia, all'interno dell'Apple  Store....


(fine prima parte. prossimo capitolo "Il peccato originale" )




english version

Cubans' poster

(cuban impressions, first part)

 

 Some months passed since I've gone in holyday to Cuba.
I wanted to go since long time, I postponed it too many times. I wanted to visit it before the human adveture of Fidel Castro would end.

Cuba is a weird place. It's not possible to do  simple tourism in Cuba. The tourism in Cuba is always associated with a qualitative adjective, in the case in point the following two:
1)sexual tourism
2) ideological tourism
 
For most people is inconceivable  to do simple tourism in Cuba. Almost 100% of your interlocutors (I would say of the tourist I met in loco)  going in Cuba belong to one of these categories.

Now, I don't want to do the alternativ at all costs.

But I wanted to go in Cuba to be a tourist and that's it. I knew  it would be a trip different than the others and I really wanted to know something more about this island with such an incredible story.
Believe me, I haven't been in Cuba to get laid or to visit the tomb of Che.
The best of it is that I went there with two friends of mine who got laid (one) and visited the tomb of Che (the other one).

I felt a little fool, actually.

Also because when I talk about my cuban trip my friend ask me “ did you get laid and/or visit te tomb of Che?”. When I answer negatively they are a little disappointed and don't understand what the fuck I went in Cuba for.
Whatever.

Actually the trip in Cuba was very informative. I liked some things, I did'nt like something else. It would be too long to list all of them now.

What I want to do now is to reflect about the concept of choise in democracy.

After my cuban trip I gained, more or less, an insight into the results of the Revolution, and I wanted to know the point of view of Fidel Castro. I took a big book, an 2003's interview where Castro share his point of view with the journalist Ignacio Ramonet  (“One hundred hours with Fidel”, I recommend it).

At one point the journalist enquire Fidel  about democracy. Ok, hights ideals, hights perpectives, many blows below the belt from USA, but anyway in Cuba ther's not a real democracy 'cause the Castros are in charge since decades the people are not allowed to choise by regular elections.

 I was struck with Castro's answer.
In Cuba there are elections, he said. Local elections. People vote their local representatives which have to be, obviously, loyals to the Revolution.
The presence of Castro would be just a symbol, a guarantee for the Revolution itself. Cubans have chosen already chasing away  a corrupt government and enstablish socialism. If after half century nobody have done a counterrevolution it means that for cubans is fine like this.
And then, add Fidel, are you really sure that you (referring to the so called democratic countries) are really free when you vote two candidates practically identical?

This argoment sounds a little superficial and populist, but maybe it deserve to be explored a little better.
The heart of the matter is this. Everytime we “democratic countries” go to vote a right or left candidate, we go to vote two persons that offer us different nuances  within an economic and social system that they gave us as immutable. The one of the present capitalistim. Of course Obama is different than Bush. But both's programs belong to a system that nobody has chosen.
Nor politicians, even less us.

I was impressed about the fact that in Cuba there is no advertising. Only big posters with the heroes of Revolution, mottos of Che Guevara , Josè Martì and many others.
Moral maxims.
At a first sight  they made me almost laught.
Then I thought to our streets.
Full of advertising of products we don't really need and induced desires.
What's better?
A motto saying “ faithful to our hystory” or a bitten apple saying “think different” to millions of people using the same tablet?

We can make several critics about Cuba and Castro. Fidel is not exactly a saint and Cuba is not the paradise. But at least  the cubans made a revolution to choose a politic and economic system. 
When did we “democratic” westerners choose the system we are living in?

Cubans posters spread an ideology.
Don't ours do the same?

Mentre penso a tutto questo sono sul taxi (un'auto bianca degli anni Cinquanta) che ci sta portando ad Alamar, ascolto musica col mio ipod. Lo guardo e entro in un flash forward: tra qualche mese quell'ipod avrà un problema, sarò costretto a portarlo a riparare. Mi allontano per qualche minuto dalla calda atmosfera caraibica e sono a Bergen, in Norvegia, all'interno dell'Apple  Store....

I'm on a taxi while I'm thinking about this. The taxi is an old car from the Fifties, leading us to Alamar. I'm listening music with my ipod. I look at it and I get into a flash forward: in few months I'll have some problem with my ipod and I have to bring it to a repair store. I fly away from the warm caraibean atmosphere where I am now, and I am in Bergen Norway, into an Apple store.....


(cuban impression, end of part one, next chapter "The original sin")




Han pasado algunos meses desde que estuve de vacaciones en Cuba. Había deseado ir hacia largo tiempo, pero lo pospuse muchas veces. Quería visitar el país antes de que concluyera la aventura humana de Fidel Castro.
Cuba es un raro lugar. No es posible hacer un turismo simple en Cuba. Al turismo en dicho país se le asocia siempre un adjetivo cualitativo, en especial cualquiera de los dos siguientes:
  1. Turismo sexual
  2. Turismo ideológico

Para la mayoría de la gente es inconcebible hacer un turismo simple en Cuba. Al menos cien por ciento de tus interlocutores (podría decir que todos los turistas que conocí) viajaban Cuba motivados por una de estas categorías.

No tiendo a seguir las opciones dadas, a cualquier costo.
Tenia claro que queria viajar a Cuba, ser una turista y eso es todo. Yo sabia que seria un viaje distinto a los demás y realmente quería conocer algo más sobre esta isla con tan increíble historia. Créame, no he viajado a Cuba para tener sexo o para visitar el memorial del Che. Lo mejor de esto es que estuve allá con dos amigos quienes sí tuvieron sexo (uno de ellos) y visitaron la tumba del Che (el otro).
Me sentí un poco tonto, de hecho.
También porque cada vez que hablo sobre mi viaje a Cuba mis amigos me preguntan: ¿tuviste sexo y/o visitaste el memorial del Che? Cuando respondo negativamente se muestran un poco decepcionados y no entienden por qué rayos fui a Cuba entonces.
Da igual.

Aún así mi viaje a Cuba fue muy informativo. Me gustaron algunas cosas, no me gustaron otras. Seria muy largo enunciarlas todas ahora.
Sobre todo cuando lo que realmente quiero hacer es reflexionar sobre el concepto de libertad de elección en la democracia.
Mi viaje a Cuba me permitió acercarme, más o menos, a los resultados de la Revolución, y deseé conocer el punto de vista de Fidel Castro. Tomé un libro grande, una entrevista del 2003 donde Castro compartía su punto de vista con el periodista Ignacio Ramonet (“Cien horas con Fidel”, lo recomiendo).
En un momento el periodista increpa a Fidel con una pregunta sobre la democracia. Está bien, grandes ideales, grandes perspectivas, muchos golpes bajos de parte de Estados Unidos, pero de cualquier manera en Cuba no hay una democracia real porque los Castros han estado en el gobierno durante décadas, no se le permite a la gente elegir a través de elecciones regulares.
Fui impresionado por la respuesta de Fidel castro. En Cuba hay elecciones, dijo él. Elecciones locales. La gente vota por sus representantes locales los cuales tienen que ser, obviamente, leales a la Revolución.
La presencia de Castro viene a ser solo un símbolo, una garantía para la Revolución misma. Los cubanos han elegido mantener fuera un gobierno corrupto y establecer el socialismo por su cuenta. Si después de medio siglo nadie ha hecho una contrarrevolución eso significa que los cubanos están bien como están.
Y entonces, añade Fidel, ¿están ustedes realmente seguros (refiriéndose a los llamados países democráticos) de que son efectivamente libres cuando votan por dos candidatos prácticamente idénticos?
Este argumento suena un poco superficial y populista, pero quizás merece ser explorado un poco mejor.
Esta es la cuestión. Cada vez que nosotros “países democráticos” votamos un candidato de derecha o izquierda, en realidad votamos a dos personas que nos ofrecen diferentes variaciones que pertenecen a un sistema económico y social que ellos nos dan como inmutable. El elegido por el capitalismo del presente. Por supuesto, Obama es diferente a Bush. Pero ambos programas pertenecen a un sistema que nadie ha elegido.
Ni políticos, ni siquiera nosotros.


Yo me sentí impresionado respecto al hecho de que en Cuba no hay publicidad. Solo grandes carteles (posters) de héroes de la Revolución, frases del Che Guevara, José Martí y muchos otros. Máximas morales. A primera vista, ellos me hicieron casi reir.
Después pensé en nuestras calles.
Llenas de publicidad de productos que no necesitamos realmente y que nos inducen deseos.
¿Qué es mejor?
¿Una frase diciendo “fieles a nuestra historia” o una manzana mordida diciendo “piensa distinto” a millones de personas que usan la misma tablet?
Podemos hacer muchas críticas sobre Cuba y Castro. Fidel no es exactamente un santo y Cuba no es ciertamente un paraíso. Pero al menos los cubanos hicieron una revolución para elegir un sistema político y económico.
¿Cuándo nosotros, occidentales “democráticos”, elegimos el sistema en el cual estamos viviendo?

Los posters cubanos esparcen una ideología.
¿No hacen nuestros posters lo mismo?

Viajo en un taxi mientras reflexiono sobre esto. El taxi es un carro antiguo de los años cincuenta, que nos lleva a Alamar. Estoy escuchando música con mi iPod. Lo miro y me introduzco en una predicción al futuro: en unos meses yo tendré problemas con mi iPod y tendré que llevarlo a una tienda de reparación. Vuelo lejos de la cálida atmósfera caribeña donde estoy ahora, y estoy en Bergen (Noruega), dentro de una tienda Apple…