Aristotele distingueva tre modi diversi di comunicare: la logica, la retorica e la dialettica.
La logica descrive dei ragionamenti che partono da premesse condivise dagli interlocutori, portate alle loro ovvie conseguenze (“Berlusconi è un uomo, gli uomini sono mortali, dunque Berlusconi è mortale”.... sebbene tempo fa si pensasse questo anche di Andreotti...).
Quando le premesse non sono necessariamente condivise dagli interlocutori, allora scatta la retorica, che è l'arte di convincere gli altri (di solito molti) della bontà delle proprie convinzioni. La retorica non è obbligata a seguire i ferrei dettami della logica. Con la retorica si può dire un po' il cazzo che ci pare, purchè si sia convincenti (devo fare degli esempi???).
Infine abbiamo la dialettica, il modo più democratico di interloquire. Non abbiamo assiomi precondivisi, né qualcuno che cerca di convincere altri in tutti i modi, bensì due persone alla pari che confrontano alla pari le proprie idee. Si possono ottenere due risultati: uno dei due interlocutori aveva argomenti migliori e quindi vince la disputa, oppure i due interlocutori trovano una terza idea a metà strada tra le due iniziali e più convincente.
Il famoso dialogo insomma.
Sempre evocato come panacea di tutte le controversie del mondo, come modo migliore per evitare di abbassarsi alla violenza, alla prevaricazione o all'inganno.
Forse la più nobile forma di comunicazione, perchè prevede il rispetto dell'altro, sforzo e dedizione.
Però sapete cosa?
Io mi sono rotto il cazzo del dialogo.
Man mano che raggiungevo l'età della ragione mi sono fatto via via più convinto che il dialogo, il ragionare insieme ad un altra persona, fosse la via migliore per risolvere le controversie.
Non so, sarò stato influenzato da quell'esplosione di politically correct che c'è stata tra gli anni ottanta e gli anni novanta, non lo so.
Fatto sta che dopo anni in cui ho sempre cercato di praticare 'sto famoso dialogo, dopo averlo visto applicato in tv nei salotti televisivi, io non ci credo più.
In uno dibattito televisivo ci illudiamo sempre di vedere uno scontro di idee e magari scegliere quella che ci convince di più. Non è così! Gli interlocutori che vediamo discutere non spostano di una virgola le loro convinzioni, nemmeno di fronte a dati incontrovertibili che dimostrano la debolezza della loro tesi. Avete mai visto un droide berlusconiano esprimere dei concetti diversi da quelli per il quale è stato programmato?
Ma nemmeno gli spettatori scelgono la tesi più convincente! Si tifa preventivamente per la propria parte e da quel lato si rimane fino alla fine, a prescindere di come ha argomentato le proprie opinioni.
Siamo talmente sazi delle nostre convinzioni che tante volte è ininfluente persino la fonte dalla quale provengono le informazioni che riceviamo.
Mio padre ad esempio è antiberlusconiano, ma guarda sempre il TG1. Per abitudine, per tradizione, il TG1 è stato per decenni il telegiornale, la fonte principale di informazione. Mio padre continua a seguirlo da decenni, e quando parlano di Berlusconi, anche se lo descrivono come il messia in terra, mio padre gli dà del cornuto (includendo anche Craxi e producendosi in un rapido meaculpa in quanto ex socialista).
Le nostre convinzioni sono sempre granitiche, inespugnabili. Questo mi ha portato a desistere da dialogo, quando non ce n'è lo spazio.
Molto spesso mi sono trovato ad interloquire con gente con la quale non solo era difficile instaurare un dialogo, ma con la quale risultava complicato anche la condivisione di alcune premesse che io ritenevo appartenenti addirittura alla sfera della logica!
Come si fa ad instaurare un dialogo se non siamo nemmeno d'accordo sulle premesse logiche!?
Il ragionamento, l'analisi dei fatti, i rapporti causa effetto, la ricerca delle contraddizioni interne ad un concetto, sono azioni evidentemente faticose per molti, magari pure pallose, e chi cerca di portarle avanti con pazienza e dedizione è spesso visto come un rompipalle.
Meglio imbellettare le proprie convinzioni, magari urlandole o ribadendole ad infinito, oppure magari vedendo nel tentativo di dialogo dell'altro un attacco personale. E' più semplice.
“Poco importa se i miei argomenti siano fallimentari, palesemente folli, o che abbiano portato a dei risultati tragici! Sono i miei!!!! E chi sei tu per mettere in crisi le mie convinzioni, il mio modo di vivere così meticolosamente costruito e gelosamente conservato?”
Il dialogo con queste persone non serve a nulla. Non serve nemmeno la logica. Forse il crick può essere di una qualche utilità. Ma ne dubito.
Comunico a queste persone che da oggi in poi, per loro, sarò un pesce.
Capisco questo pessimismo, ma continuo a credere nella lotta per il cambiamento!
RispondiEliminaIdealismo...?... :-)
Dai, Marco!!