lunedì 29 ottobre 2012

Il peccato originale

(interludio alle impressioni cubane)

(english version follows)


(segue)... Sono dentro l'Apple store per dei problemi all'ipod touch.
Niente di grave, ma abbastanza da farmi girare le palle dato che l'aggeggio non mi è costato certo due lire. Insomma pare si sia sporcato il connettore del dock, e quindi quando lo collego al dock per amplificare la musica mi saltano le canzoni.

Insomma vado all'apple store.
Tutto è spaziale, sessanta metri quadri di negozio nel quale fanno bella mostra di sé alcuni laptop, alcuni tablet, alcuni smartphone eccetera.
Pochi in proporzione allo spazio, tanto che più che un negozio sembra una galleria d'arte contemporanea, con le varie opere esposte alla giusta distanza, quasi che tu non stia lì per acquistare o chiedere assistenza, ma per ammirare e contemplare.

L'apple store ha un bar nel quale non servono da bere ma dove, stando al nome, vieni assistito da dei geni. Il genius bar lo chiamano.
Accipicchia che culo!
Ho un problema di una banalità abbacinante e sarà addirittura un genio a risolvermelo!
Gli spiego il problema, il genio prende in mano il mio ipod.
Lo porta in laboratorio per consultarsi con un collega (un consesso di geni! wow!), torna da me dopo pochi minuti, mi conferma la diagnosi: il connettore dell'ipod è sporco e/o ossidato.
Mi chiede se è in garanzia, gli dico di no.                                                                                             Ma non fa niente, pago la riparazione, cerco di spiegare, prendetelo pure e ditemi quant'è.
“Non ripariamo” mi dice il genio “ se lo mandiamo in assistenza le verrà dato un nuovo ipod. Gratis se in garanzia, se no a pagamento”.

Improvvisamente la mia mente fu pervasa da immagini bibliche.


Genesi. 
I progenitori mangiano dall'albero proibito.
Una mela, secondo la tradizione. "Peccato originale" lo chiama la Chiesa.
Secondo la dottrina cristiana il peccato primario, da cui derivano tutti gli altri. Più che un atto grave in sé  si tratta di un peccato di metodo, di concetto. 

Adamo ed Eva non hanno fatto una atto grave in assoluto, non hanno ucciso nessuno. Si sono semplicemente abbandonati ad una visione del mondo che disobbediva a determinati dettami, hanno abbracciato una weltanschauung che li porterà alla rovina, lontani da Dio. 
E per questo meritano di perdere il paradiso.

Una mela morsicata. 


Proprio quello che mi trovo ad affrontare io oggi, ma stavolta sotto forma di un logo super cool e lontano anni luce da condizionamenti dottrinali.
Sto capendo tutto.
Il peccato originale esiste davvero.
E' una visone del mondo che abbiamo abbracciato. 

Niente di criminale in sé, ma qualcosa disubbidisce a determinati dettami, quello del buon senso, della sostenibilità. 
Allontanandoci dai quali stiamo perdendo un altro paradiso. 
Questo pianeta.

Una visone del mondo che ti fa passare per normale il fatto di buttare via un prodotto perché si rompe e comprarne un altro, invece di ripararlo, è una visione del mondo fuori da ogni logica.
E' il nostro peccato originale.
Una volta accettata un'illogicità simile come premessa metodologica si può accettare qualsiasi altra cosa.

Si può accettare che orde di giovani facciano la fila di notte per aspettare null'altro che un prodotto tecnologico prodotto in serie, e nemmeno un prodotto nuovo! Solo la versione aggiornata di un prodotto già esistente!

Si può accettare che una stronzata galattica come l'Ipad venga salutato come la scoperta del secolo, e se ne produco varie versioni nel giro di pochi anni. Con la beffa finale di farne una versione “mini”, più maneggevole. Dopo aver fatto comprare nel giro di pochissimi anni varie versioni della stessa misura.


Che l'attuale sistema consumistico sia il peccato originale che ci porterà al disastro non è certo una novità di questi anni. Il passo avanti avuto in questi anni è stata forse una certa colonizzazione dell'immaginario collettivo, di usi e costumi che una volta non appartenevano al consumismo.


E' stato depredato il mondo della controcultura, quello del rock di un tempo, quando i fan seguivano i loro idoli perchè la loro musica rappresentava una certa visione del mondo, di rottura con il sistema. Forse ingenuamente, certo. Ma non erano solo le note a muovere quelle generazioni di giovani, erano delle idee. 

Era il loro voler pensare differentemente dalla società borghese.

Oggi questa azienda ha creato attorno a sé un aura magica, complice il carisma del suo leader, una filosofia ben precisa, che ha attinto a piene mani dal mondo controculturale.
Solo che  qui non si veicolano idee, ma prodotti. Spolverando il macchinone commerciale con l'esile filosofia del “think different” e guardando alla biografia del fondatore dell'azienda come fosse un mito fondativo, ecco creata una religione!
Che ha creato legioni di individui con gli stessi prodotti, fieri di “pensare differente” tutti allo stesso modo (e spesso senza nemmeno l'ironia per comprendere il controsenso).

Giovani che utilizzano senza vergogna le modalità rivoluzionarie della controcultura di un tempo non per affermare il loro essere alternativi al sistema, bensì per certificare fieramente la loro apparteneza ad esso. 
Il sistema capitalistico e consumistico nel quale stiamo dentro da decenni, ma del quale una volta almeno si faceva parte con borgese discrezione e non con giovanilistico (e vergognoso) orgoglio.

Non è giusto tuttavia parlare solo della Apple. L'azienda di Cupertino rappresenta un caso molto lampante ed evoluto di come il peccato originale si sia radicato nelle nostre vite. Gli esempi possono essere molteplici, infiniti direi....








Mi sembrò chiaro, lampante, nel momento esatto in cui elaboravo questi pensieri, che la civiltà occidentale è già in piena decadenza.

Mi accorgo di essere ancora in questo enorme negozio/museo, tantissimo spazio sprecato, che potrebbe ospitare le botteghe complete di un calzolaio, un sarto, un falegname, è occupato da pochi tavolini con sopra pochi prodotti tecnologici, un desk con su scritto “assistenza” al quale siede un ragazzotto che, per assisterti, ti dice che ti devi comprare un prodotto nuovo.

Il calzolaio, il sarto, il falegname. Vi dicono qualcosa questi mestieri?
Quanti calzolai, sarti, falegnami ci sono nel vostro quartiere? Cosa fate quando vi si rompe una scarpa, vi si strappa un vestito o vi serve un tavolino?

Mentre mi immagino le risposte scontate a queste mie menate mentali la mia mente mi riporta a migliaia di kilometri di distanza, a qualche mese prima.
Sono su un altro pianeta. Sono tornato a Cuba, passeggio per le strade de L'Habana....

(fine interludio. prossimo capitolo "Lo sapevate che Che Guevara ha inaugurato una fabbrica di cioccolato?" )


english version 



The original sin
(interlude to the cuban impression)
  -->
(follows) So I am into the Apple Store for some problem I had to my ipod touch.
Nothing serious, but this pissed me off since the little toy wasn't, I mean, cheap.
The connector of the dock must be a little dirty or oxidized, and I need to change it.


Well, I go to the apple store.
Everything here is terrific, sixty square meters shop! Few laptop and smartphone really konw how to show off, few compared to the big space. It looks like more a contemporary art gallery, with all the works exhibited at the right distance, like you were here not to ask for assistance or to buy something, but just to admire and contemplate.

In the apple store there is a bar where they don't serve any drink but where, according to its name, some geniuses are at your service: They call it “the genius bar”.
Hey, it must be my lucky day!
My problem is so ordinary and it shouldn’t take some genious!
I explain my problem, the genious gets my ipod.
He goes into the workshop to have a consultation with a collegue (wow! a geniuses assembly!), then he comes back to me after few minutes and confirm the diagnosis: the dock's connector must be dirty or oxidized.
He ask me if it's still under waranty, I replied it is not.
But it doesn't matter, I can pay for the fixing, I try to explain.
“We don't fix” the genius say “when we send a broken product to the assistance they will send us back a brand new one. If your ipod was still under warranty that's for free, otherwise you need to pay.”.

Suddenly my mind was pervaded by biblical scenes.

Genesis.

Our progenitors eat from the forbiden tree.
An apple, according the tradition. Th Church use to call it “original sin”.
According to the christian doctrine the primary sin, from witch all others sins derive.
Not really a very serious sin itself, but a sin “of method”.
In absolute, Adam and Eve did not do an horrible crime, they didn’t killed nobody or something like that.
The just let themselves slip into a worldview that disobeyed to certain dictates, they embraced a
weltanschauung that will lead them towards the ruin, away from God.
That's why they deserve to lose the paradise.

A bitten apple.

Extacly what I'm dealing with today, light years away from doctrinal condictoning: no forbidden apple, just a super cool brand.
I am understanding everything.
The original sin really exists.
It's a worldview we embraced.
Not a crime itself, but just something that disobey to certain principles, namely common sense and
sustainability.
Risking to lose another paradise, this planet.

In this worldview we made, it's normal to throw away something broken instead to fix it (and buy a new one!).
It's completely illogical.

It's our original sin.
Once we accept such kind of inconsistency as a methodological premise, we can accept everything afterwards!

We can accept that hordes of young people can stay in queue all night long just to wait for a brand new technological device come out!
Not even a new device, just the updatet version of an already existing thing!

We can accept that such a super bullshit as the Ipad is hailed as the discovery of the century. We can acept to buy a different version every year (liiiiiitle different!) The final trick in it? Just a smaller version of something we already have.

The counterculture imaginary such as old times rock and roll when fans used to follow their idols because their music represented a certain worldview or a break with the burgeois conventions, has been plundered.
Of course, a naive view, maybe.
But those people was just not moved by tunes. they were moved by ideas.
was the real think different from middle class mentality



Today this company created around its a kind of magical aura, thank to its leader's charisma, and drown with both hand from the counterculture world.
Just they don't spred ideas, but products.
Through the thin “think different” philosophy and using its founder's biography as a founding myth, Apple was able to create a religion!
Millions of people with the same products, proud to “think different” everybody at the same way (and often without enought sense of humor to understand the nonsense)!

Young people who use the same revolutionary ways of the old counterculture not to shout to be against the system, but to state to be proudly into it.

The same capitalist and consumerist system we belong since decades. But at least in the past decades people used to belong to this system with burgeois discretion, not with young (and shameful) pride.

Anyway it's not fair to talk only about Apple. The company from Cupertino just represent the most
advaced and evident way our original sin set in our lives. The examples could be dozens...


At the very moment I thought these thoughts I realized that the Western civilization was at the pick of its decadence.

I am still here, into this big shop-museum, plenty of wasted squared meters that could host the fully furnished shop af a tailor, a shoemaker, a carpenter. And there are just few tables with few technologic stuffs, an “assistence” desk with a boy who answer to you “ you have to buy a new one”, when you ask him just to fix something.

A tailor, a shoemaker, a carpinter. Does this crafts tell you something? What do you do when you have fo fix your dress or shoes, or when you need a small table?
While I brood over this follies, my mind brings me back thousands kilometers away, some month ago. I am in another planet. I'm back in Cuba, I'm walking through La Havana's streets...

venerdì 10 agosto 2012

Cartelloni cubani

(impressioni cubane, prima parte)

(english version following)

 

E' passato qualche mese da quando sono andato in vacanza a Cuba.
Da tempo volevo andarci, avevo rimandato troppo. Volevo visitarla prima che finisse l'epopea umana di Fidel Castro.

Cuba è un posto curioso. Non è possibile fare semplicemente del turismo a Cuba. Il turismo a Cuba è sempre accompagnato da un aggettivo qualificativo, nella fattispecie i seguenti due:
1)turismo sessuale
2) turismo ideologico

Per la maggior parte della gente è impensabile fare del semplice turismo a Cuba. Quasi il 100% dei tuoi interlocutori ( e oserei dire dei turisti incontrati in loco) che vanno a Cuba si inseriscono tranquillamente in una di queste due categorie.

Adesso, non voglio fare l'alternativo a tutti costi.

Ma io a Cuba ci sono voluto andare per fare del turismo e basta. Sapevo che sarebbe stato un viaggio diverso dagli altri, avevo di certo voglia di capire qualcosina in più su questa isola dalla storia incredibile. Ma credetemi, non sono andato a Cuba né per scopare, né per vedere la tomba del Che.
Il bello è che ci sono andato con due miei amici che hanno, uno scopato, l'altro visto la tomba del Che.
Un po' scemo mi sono sentito, a dire il vero.

Anche perchè quando racconto del mio viaggio agli amici le domande che mi pongono sono: “hai scopato?” e/o “hai visto la tomba del Che?”.

Alle mie risposte negative mi guardano delusi, a volte non capendo che cazzo sono andato a Cuba a fare.
Ma vabbè.
In realtà il viaggio nell'isola caraibica è stato molto istruttivo.
Alcune cose mi sono piaciute, altre meno. Ma sarebbe molto lungo elencarle adesso.

Quello che volevo fare adesso è piuttosto riflettere sul concetto di scelta in democrazia.

Dopo il viaggio a Cuba ed essermi fatto, più o meno, un'idea mia sui risultati della Rivoluzione, volevo tanto sentire il punto di vista di Fidel Castro. Ho preso il librone intervista del 2003 in cui Castro condivide il suo punto di vista col giornalista Ignacio Ramonet (“ Cien horas con Fidel”, un titolo che è tutto un programma. Un mattone di più di seicento pagine. Ma molto scorrevole e interessante, lo consiglio).

Il giornalista ad un certo punto fa a Fidel la fatidica domanda sulla democrazia, sul fatto che sì, begli ideali, belle scommesse, tanti colpi bassi dagli USA, ma comunque a Cuba non c'è una vera democrazia, dato che i Castro sono comunque al potere da decenni e non ci sono delle elezioni che permettano al popolo di scegliere.

La risposta di Castro mi ha colpito.
A Cuba ci sono elezioni, dice. Elezioni locali. La gente vota i propri rappresentanti locali, che devono essere chiaramente fedeli alla Rivoluzione.
La presenza di Castro alla presidenza non sarebbe altro che un simbolo, una garanzia per la Rivoluzione stessa. I cubani hanno scelto già, cacciando via un governo corrotto e instaurando il socialismo. Se a mezzo secolo dallo sbarco del Granma vige ancora questo sistema e nessuno ha mai fatto una vera controrivoluzione, ciò significa che ai cubani va benissimo così.
E poi, chiosa Fidel (riporto a memoria), siete davvero sicuri che voi (riferendosi a tutti i cosidetti paesi democratici) abbiate davvero libertà di scelta quando andate a votare due candidati praticamente identici?


Questa storia che i candidati alle elezioni siano identici rischia di ricordare i tormentoni di Grillo. Ma Fidel Castro ha senz'altro uno spessore culturale diverso da quello del comicopolitico genovese, e la sua domanda va valutata con più attenzione.
Il nocciolo del discorso è questo. Ogni volta che noi “paesi democratici” andiamo a votare un candidato di destra o di sinistra, andiamo a votare due persone che propongono sfumature diverse all'interno di un sistema economico e politico che ci hanno dato per immutabile. Quello dell'attuale  capitalismo. E' chiaro che Obama sia diverso da Bush, che Bersani sia diverso da Berlusconi. Ma i programmi che tutti loro propongono si inseriscono all'interno di un sistema che nessuno ha deciso. Ne' i politici, ne' tantomeno noi.

Mi faceva impressione vedere che a Cuba non esistesse la pubblicità.
Solo grandi cartelli con eroi della Rivoluzione, frasi di Che Guevara, Josè Martì e molti altri. Massime morali.
Agli occhi di un “democratico” occidentale facevano quasi sorridere.
Poi pensavo alle nostre di strade.
 Zeppe di pubblicità di prodotti che nemmeno ci servono, piene di desideri indotti di cose di cui un attimo prima non ne sentivamo  il bisogno.
Cos'era meglio?
Una frase che dice “fedeli alla nostra storia” o una mela morsicata che dice “pensa differentemente” a milioni di persone che poi comprano lo stesso tablet?
Su Cuba e su Castro si possono fare tante critiche. Fidel non è certo un santo e Cuba non è affatto il paradiso. Ma almeno i cubani hanno fatto una rivoluzione per scegliere un sistema politico ed economico.

Noi “democratici” occidentali, quando l'abbiamo scelto il sistema in cui viviamo?

I cartelloni cubani veicolano un ideologia.I nostri forse no?

Mentre penso a tutto questo sono sul taxi (un'auto bianca degli anni Cinquanta) che ci sta portando ad Alamar, ascolto musica col mio ipod. Lo guardo e entro in un flash forward: tra qualche mese quell'ipod avrà un problema, sarò costretto a portarlo a riparare. Mi allontano per qualche minuto dalla calda atmosfera caraibica e sono a Bergen, in Norvegia, all'interno dell'Apple  Store....


(fine prima parte. prossimo capitolo "Il peccato originale" )




english version

Cubans' poster

(cuban impressions, first part)

 

 Some months passed since I've gone in holyday to Cuba.
I wanted to go since long time, I postponed it too many times. I wanted to visit it before the human adveture of Fidel Castro would end.

Cuba is a weird place. It's not possible to do  simple tourism in Cuba. The tourism in Cuba is always associated with a qualitative adjective, in the case in point the following two:
1)sexual tourism
2) ideological tourism
 
For most people is inconceivable  to do simple tourism in Cuba. Almost 100% of your interlocutors (I would say of the tourist I met in loco)  going in Cuba belong to one of these categories.

Now, I don't want to do the alternativ at all costs.

But I wanted to go in Cuba to be a tourist and that's it. I knew  it would be a trip different than the others and I really wanted to know something more about this island with such an incredible story.
Believe me, I haven't been in Cuba to get laid or to visit the tomb of Che.
The best of it is that I went there with two friends of mine who got laid (one) and visited the tomb of Che (the other one).

I felt a little fool, actually.

Also because when I talk about my cuban trip my friend ask me “ did you get laid and/or visit te tomb of Che?”. When I answer negatively they are a little disappointed and don't understand what the fuck I went in Cuba for.
Whatever.

Actually the trip in Cuba was very informative. I liked some things, I did'nt like something else. It would be too long to list all of them now.

What I want to do now is to reflect about the concept of choise in democracy.

After my cuban trip I gained, more or less, an insight into the results of the Revolution, and I wanted to know the point of view of Fidel Castro. I took a big book, an 2003's interview where Castro share his point of view with the journalist Ignacio Ramonet  (“One hundred hours with Fidel”, I recommend it).

At one point the journalist enquire Fidel  about democracy. Ok, hights ideals, hights perpectives, many blows below the belt from USA, but anyway in Cuba ther's not a real democracy 'cause the Castros are in charge since decades the people are not allowed to choise by regular elections.

 I was struck with Castro's answer.
In Cuba there are elections, he said. Local elections. People vote their local representatives which have to be, obviously, loyals to the Revolution.
The presence of Castro would be just a symbol, a guarantee for the Revolution itself. Cubans have chosen already chasing away  a corrupt government and enstablish socialism. If after half century nobody have done a counterrevolution it means that for cubans is fine like this.
And then, add Fidel, are you really sure that you (referring to the so called democratic countries) are really free when you vote two candidates practically identical?

This argoment sounds a little superficial and populist, but maybe it deserve to be explored a little better.
The heart of the matter is this. Everytime we “democratic countries” go to vote a right or left candidate, we go to vote two persons that offer us different nuances  within an economic and social system that they gave us as immutable. The one of the present capitalistim. Of course Obama is different than Bush. But both's programs belong to a system that nobody has chosen.
Nor politicians, even less us.

I was impressed about the fact that in Cuba there is no advertising. Only big posters with the heroes of Revolution, mottos of Che Guevara , Josè Martì and many others.
Moral maxims.
At a first sight  they made me almost laught.
Then I thought to our streets.
Full of advertising of products we don't really need and induced desires.
What's better?
A motto saying “ faithful to our hystory” or a bitten apple saying “think different” to millions of people using the same tablet?

We can make several critics about Cuba and Castro. Fidel is not exactly a saint and Cuba is not the paradise. But at least  the cubans made a revolution to choose a politic and economic system. 
When did we “democratic” westerners choose the system we are living in?

Cubans posters spread an ideology.
Don't ours do the same?

Mentre penso a tutto questo sono sul taxi (un'auto bianca degli anni Cinquanta) che ci sta portando ad Alamar, ascolto musica col mio ipod. Lo guardo e entro in un flash forward: tra qualche mese quell'ipod avrà un problema, sarò costretto a portarlo a riparare. Mi allontano per qualche minuto dalla calda atmosfera caraibica e sono a Bergen, in Norvegia, all'interno dell'Apple  Store....

I'm on a taxi while I'm thinking about this. The taxi is an old car from the Fifties, leading us to Alamar. I'm listening music with my ipod. I look at it and I get into a flash forward: in few months I'll have some problem with my ipod and I have to bring it to a repair store. I fly away from the warm caraibean atmosphere where I am now, and I am in Bergen Norway, into an Apple store.....


(cuban impression, end of part one, next chapter "The original sin")




Han pasado algunos meses desde que estuve de vacaciones en Cuba. Había deseado ir hacia largo tiempo, pero lo pospuse muchas veces. Quería visitar el país antes de que concluyera la aventura humana de Fidel Castro.
Cuba es un raro lugar. No es posible hacer un turismo simple en Cuba. Al turismo en dicho país se le asocia siempre un adjetivo cualitativo, en especial cualquiera de los dos siguientes:
  1. Turismo sexual
  2. Turismo ideológico

Para la mayoría de la gente es inconcebible hacer un turismo simple en Cuba. Al menos cien por ciento de tus interlocutores (podría decir que todos los turistas que conocí) viajaban Cuba motivados por una de estas categorías.

No tiendo a seguir las opciones dadas, a cualquier costo.
Tenia claro que queria viajar a Cuba, ser una turista y eso es todo. Yo sabia que seria un viaje distinto a los demás y realmente quería conocer algo más sobre esta isla con tan increíble historia. Créame, no he viajado a Cuba para tener sexo o para visitar el memorial del Che. Lo mejor de esto es que estuve allá con dos amigos quienes sí tuvieron sexo (uno de ellos) y visitaron la tumba del Che (el otro).
Me sentí un poco tonto, de hecho.
También porque cada vez que hablo sobre mi viaje a Cuba mis amigos me preguntan: ¿tuviste sexo y/o visitaste el memorial del Che? Cuando respondo negativamente se muestran un poco decepcionados y no entienden por qué rayos fui a Cuba entonces.
Da igual.

Aún así mi viaje a Cuba fue muy informativo. Me gustaron algunas cosas, no me gustaron otras. Seria muy largo enunciarlas todas ahora.
Sobre todo cuando lo que realmente quiero hacer es reflexionar sobre el concepto de libertad de elección en la democracia.
Mi viaje a Cuba me permitió acercarme, más o menos, a los resultados de la Revolución, y deseé conocer el punto de vista de Fidel Castro. Tomé un libro grande, una entrevista del 2003 donde Castro compartía su punto de vista con el periodista Ignacio Ramonet (“Cien horas con Fidel”, lo recomiendo).
En un momento el periodista increpa a Fidel con una pregunta sobre la democracia. Está bien, grandes ideales, grandes perspectivas, muchos golpes bajos de parte de Estados Unidos, pero de cualquier manera en Cuba no hay una democracia real porque los Castros han estado en el gobierno durante décadas, no se le permite a la gente elegir a través de elecciones regulares.
Fui impresionado por la respuesta de Fidel castro. En Cuba hay elecciones, dijo él. Elecciones locales. La gente vota por sus representantes locales los cuales tienen que ser, obviamente, leales a la Revolución.
La presencia de Castro viene a ser solo un símbolo, una garantía para la Revolución misma. Los cubanos han elegido mantener fuera un gobierno corrupto y establecer el socialismo por su cuenta. Si después de medio siglo nadie ha hecho una contrarrevolución eso significa que los cubanos están bien como están.
Y entonces, añade Fidel, ¿están ustedes realmente seguros (refiriéndose a los llamados países democráticos) de que son efectivamente libres cuando votan por dos candidatos prácticamente idénticos?
Este argumento suena un poco superficial y populista, pero quizás merece ser explorado un poco mejor.
Esta es la cuestión. Cada vez que nosotros “países democráticos” votamos un candidato de derecha o izquierda, en realidad votamos a dos personas que nos ofrecen diferentes variaciones que pertenecen a un sistema económico y social que ellos nos dan como inmutable. El elegido por el capitalismo del presente. Por supuesto, Obama es diferente a Bush. Pero ambos programas pertenecen a un sistema que nadie ha elegido.
Ni políticos, ni siquiera nosotros.


Yo me sentí impresionado respecto al hecho de que en Cuba no hay publicidad. Solo grandes carteles (posters) de héroes de la Revolución, frases del Che Guevara, José Martí y muchos otros. Máximas morales. A primera vista, ellos me hicieron casi reir.
Después pensé en nuestras calles.
Llenas de publicidad de productos que no necesitamos realmente y que nos inducen deseos.
¿Qué es mejor?
¿Una frase diciendo “fieles a nuestra historia” o una manzana mordida diciendo “piensa distinto” a millones de personas que usan la misma tablet?
Podemos hacer muchas críticas sobre Cuba y Castro. Fidel no es exactamente un santo y Cuba no es ciertamente un paraíso. Pero al menos los cubanos hicieron una revolución para elegir un sistema político y económico.
¿Cuándo nosotros, occidentales “democráticos”, elegimos el sistema en el cual estamos viviendo?

Los posters cubanos esparcen una ideología.
¿No hacen nuestros posters lo mismo?

Viajo en un taxi mientras reflexiono sobre esto. El taxi es un carro antiguo de los años cincuenta, que nos lleva a Alamar. Estoy escuchando música con mi iPod. Lo miro y me introduzco en una predicción al futuro: en unos meses yo tendré problemas con mi iPod y tendré que llevarlo a una tienda de reparación. Vuelo lejos de la cálida atmósfera caribeña donde estoy ahora, y estoy en Bergen (Noruega), dentro de una tienda Apple…





lunedì 13 febbraio 2012

Odd socks




(segue versione in italiano)

In my room ther's always an incredible mess.
Once in a while I ought  to tidy it up. This afternoon I took some hours to do it.
After I finished with the visible mess, I passed to the invisible mess, the easy-to-hide one: wardrobe and drawers.
Tidying up the clothes I ought to face a mystery that hauted me all along, at least since I live on my own: the odd socks.
Although I was sure I matched  or throw away all my old odd socks before I moved, and even if I have'nt buy any other sock since I am here, I found no less than six!
6!
Six odd socks!
Six odd socks are not three couple of socks.
They are just six socks.
Odd.
What do you think I should do?
To wear'em anyway, even if they don't belong each other?
Or maybe let them free in their own peculiarity, without any forced matching that would betray their individual nature?

Now, maybe you can think that this is just a silly story.
I, myself, think that it fits perfectly for Valentine's day.

Calzini spaiati

Nella mia stanza c'è sempre un casino micidiale.
Ogni tanto mi tocca darle una sistemata. Mi sono preso qualche ora oggi pomeriggio per fare ciò.
Finito col casino visibile, sono passato a quello invisibile, quello facilmente occultabile: armadio e cassetti.
Sistemando i vestiti ho dovuto affrontare un mistero che mi perseguita da sempre, almeno da quando vivo per conto mio: i calzini spaiati.
Benchè fossi sicuro di aver accoppiato o buttato via tutti i miei precedenti calzini spaiati prima di cambiare città, senza averne comprati altri me ne sono ritrovato ben sei!
6!
Sei calzini spaiati!
Sei calzini spaiati non sono tre coppie di calzini.
Sono solo sei calzini.
Spaiati.
Cosa dovrei fare secondo voi?
Indossarli comunque, anche se non si appartengono l'un l'altro?
Oppure lasciarli liberi nella loro peculiarità, senza accoppiamenti forzati che tradirebbero la loro natura individuale?

Ora, forse questa vi sembrerà una storiella scema.
Invece io credo che sia perfetta per San Valentino.

domenica 1 gennaio 2012

Memento mori





(english follows)

Vi siete mai chiesti perchè si festeggiano i capodanni, i compleanni, gli anniversari?
Da bambino lo davo per scontato, diventare grande era una cosa figa , festeggiare ogni anno in più era festeggiare una conquista.
Col tempo ho iniziato a vedere questi festeggiamenti da una diversa prospettiva: si festeggia ogni anno che ci avviciniamo di più alla fine, il tempo che passa.
E ho scoperto finalmente che festeggiare insieme ha davvero un significato profondo.
E' un rituale collettivo, un rituale tribale da compiere insieme per esorcizzare la morte.

In fondo ogni festa è un memento mori.

Memento mori

Have you ever wondered why we celebrate new year eves, birthdays, anniversaries?
When I was little I assumed it, to grow up used to be cool, to celebrate every year meant to celebrate a conquest.
With the time I started to see these celebrations from a different perspective: we celebrate every year we are getting closer to the end, the passing time.
And finally I realized that celebrating together really has a deep meaning.
It's a collective ritual, a tribe ritual to accomplish together to exorcise the death.

After all every celebration is a memento mori.