Non sono un “nativo digitale”, ma nemmeno un cinquantenne rincoglionito che non capisce nulla di web.
Mi sono comprato il primo computer a 22 anni, collegato ad internet subito dopo, dieci anni belli pieni di vita da moderno cittadino del ventunesimo secolo.
Mi lasciano perplesso i giovani che demonizzano internet, personalmente farei fatica a riabituarmi ad una vita predigitale, sebbene talvolta ne avrei bisogno.
Se c'è una cosa che ho capito del web in questi miei dieci anni di frequentazione di forum, social network, siti, blog, è che tutto è orizzontale, non c'è nessuna autorità dall'alto che imponga una gerarchia alle informazioni, ai fatti, alle cose.
E quindi può capitare che riesca ad essere informato su fatti importanti, ma nascosti dai media principali, oppure che perda il mio tempo su notizie del tutto insignificanti che mi sembrano vere.
Oppure ancora venire a conoscenza di notizie importanti attraverso notizie insignificanti.
Mai avrei immaginato che sarei venuto a conoscenza del fatto che in Uzbekistan vi sia una dittatura attraverso una notizia riguardante Eros Ramazzotti.
Ma tant'è.
Certe volte però sembra che una gerarchia alle informazioni si crei di sola, una notizia si diffonda a dismisura a dispetto di altre. E questo dispiace, soprattutto quando si dà forse un eccessivo valore simbolico alla morte di qualcuno, e nessun valore alla morte di qualcun'altro.
Che magari ne meritava un po' di più.
Non è bello fare una classifica dei morti, una top ten del dolore. E non intendo farlo.
Ma fa rabbia vedere come la morte di un motociclista famoso abbia oscurato decine e decine di altre morti , avvenute negli stessi giorni all'interno di gravi tragedie.
Senza nulla togliere al dolore dei familiari e amici del motociclista, mi indigna che non si siano spese altrettante parole di dolore per le centinaia di morti nel terremoto in Turchia, o le decine di morti nell'alluvione in Liguria e Toscana.
Quando muore uno famoso non muore solo una persona. Muore un simbolo, un icona.
Il processo identificativo con l'icona è immediato, forse naturale.
Ma risulta difficile identificarsi in centinaia di vittime.
E allora mi pare giusto prendere una sola persona tra le due tragedie, e renderla icona (nonostante non sia nemmeno riuscito a trovare una foto su internet).
Un volontario morto nell'alluvione ligure, che rappresenti metonimicamente tutte le vittime trascurate dai media. E non parlo solo dei social network ( tantissimi post lagnosi su facebook, avatar dedicati alla morte del motociclista e quasi nessuno ha speso una parola per i terremotati e gli alluvionati), ma anche i principali quotidiani online (su Repubblica.it per giorni ampio spazio al motociclista, il terremoto turco relegato ad un trafiletto minore, e così altri giornali).
Questo volontario si chiamava Sandro Usai.
sabato 29 ottobre 2011
domenica 16 ottobre 2011
Un paesello provinciale
(english version follows)
In queste ore tutti quanti stanno dicendo la loro sul casino che è successo l'altro giorno a Roma alla manifestazione contro le ineguaglianze economiche.
Si può sapere chi cazzo sono io per avere la pretesa di dire la mia?
(chiunque è libero di rispondere)
Che posso aggiungere di nuovo a tutto quello che è stato detto?
(le imbecillità strumentali dei politici, le teorie del complotto, le cossigate, la separazione dei buoni dai cattivi, eccetera eccetera....)
Questi discorsi mi annoiano, perchè sono sempre gli stessi.
Ma c'è un piccolo fatto nuovo.
Stavolta la nostra manifestazione ha avuto dei termini di paragone.
Globali.
La manifestazione romana è stata infatti l'omologa italiana di una manifestazione globale, su temi globali, avvenuta in tutte le principali piazze del globo, da New York a Tokio.
Nel mondo assistiamo a forme aggregative diverse, orizzontali, unite nei contenuti e non nelle ideologie, pacifiche. E in Italia?
In Italia si assiste alla solita rievocazione degli anni settanta o, se volete, del luglio 2001.
In Italia ancora siamo rimasti alle categorie “fasci” , “comunisti”, “sbirri”, ogni manifestazione è pretesto per sfogare frustrazioni mascherandole con le solite etichette da stadio.
Niente, non ce la facciamo ad andare oltre queste categorie.
Lascio a chi è più informato di me il passatempo di studiarne le cause, analizzare i video, infamare i politici o i manifestanti.
Io dico solo che l'Italia, ancora una volta, si è dimostrata un paesello provinciale.
A little provincial country
In these hours everybody are saying something about the mess occured some days ago in Rome, at the demonstration against the economic inequality.
Who the fuck do I think to be to demand to have my say?
(feel free to answer)
What can I add of new to what has been said?
(the instrumental stupidity of politicians, conspiracy theory, the distiction between goods and bads, and so on.....)
These talks bore me, because they are always the same.
But ther's something new.
This time our demonstration had an element of comparison.
Global.
The roman demostration was infact the italian corresponding of a global demonstration about global issues, occurred in the globe's main squares, from New York to Tokio.
In the world we witness to different ways to demonstrate together, joined by the contents not by ideology, peaceful. What about Italy?
In Italy we witness to the usual revival of the Seventies or, if you like, of june 2001.
In Italy we still remained to the cathegory “fascist”, “comunist”, “cops”, every demonstration is just an excuse to give vent to frustations, masking'em with the usual labels.
Nothing doing! We are not able to go beyond these cathegories.
I let who is more informed than me the hobby to study the causes, analyze the tapes, blame against the politicians or the demonstrators.
I only say that Italy, one more time, proved to be a little provincial country.
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